by Sergio Segio | 7 Febbraio 2014 9:49
ROMA — Il nostro domani, secondo Mario Draghi, è complesso, incerto e pieno di rischi. «Non c’è alcuna deflazione», nel Vecchio Continente, questo sì. Ma l’inflazione è molto bassa e tale resterà «per un periodo lungo»: «Questo è un rischio in sé», precisa il presidente della Bce. Nella sua visione, Eurolandia cresce, è vero, ma la ripresa è «modesta, fragile, disomogenea». La disoccupazione si è «stabilizzata» ma resta «alta». La crisi dei paesi emergenti è un altro rischio per la ripresa. Come se non bastasse, in paesi come l’Italia e la Francia, la politica monetaria della Bce non si riflette sui tassi. Né si è trasmesso sui prezzi l’aumento dell’Iva. Comunque, per il momento, l’Eurotower lascia i tassi invariati al minimo storico dello 0,25% ma è pronta ad intervenire «con azioni decise», se necessario e intanto «monitora attentamente» la situazione.
Dopo il vertice di Davos, Draghi torna a parlare del futuro di Eurolandia. Gli preme anzitutto sgombrare il campo dallo spettro della deflazione. Gli chiedono: c’è o non c’è questo rischio? «La risposta è no», replica secco e non c’è neppure alcuna analogia con il Giappone, che ha conosciuto sulla sua pelle cosa significa questo fenomeno. E ancora, altra domanda: ma lei come fa a restare così calmo di fronte ad una inflazione tanto bassa? «Non ho per niente un atteggiamento cool di fronte all’attuale livello inflazionistico che è un rischio per la ripresa ». In sintesi, il ragionamento del banchiere su questo specifico punto è che se i prezzi rimangono ai livelli odierni molto a lungo, rappresentano un pericolo per l’economia. Ma nelle sue valutazioni prima o poi l’inflazione risalirà. In ogni caso tranquilli: la Bce è pronta ad intervenire, anche riducendo la sterilizzazione (fatta ritirando liquidità) degli oltre 175 miliardi di euro di moneta creata acquistando bond di Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda fra il 2010 e il 2011.
Massima cautela anche sul capitolo ripresa. Che c’è, perché nell’ultimo trimestre 2013 ovunque, in Europa e anche in Italia. Ma è un trend ancora debole. «La situazione è complessa», ammette il banchiere. Le sue parole hanno una immediata eco in Borsa: per un attimo, in tutte le principali piazze s’inverte la tendenza e l’euro scivola. Ma quando Draghi ribadisce che la Bce monitora i mercati e resta pronta ad «azioni decisive» se necessario, lasciando intravedere novità sui tassi per marzo, allora le Borse smettono di oscillare e riprendono vigore: Milano per esempio chiude con un più 2,28%, l’euro risale a 1,36 sul dollaro e lo spread è in calo, a quota 206. «Il motivo per cui oggi abbiamo deciso di non agire ha a che fare con la complessità della situazione, e la necessità di acquisire più informazioni », puntualizza. S’attendono infatti le nuove stime su crescita e inflazione, che saranno pronte appunto il mese prossimo.
Ci sono due richiami all’Italia in cui Draghi ci accomuna alla Francia: i ritocchi dell’Iva, che non si sono ancora scaricati sui prezzi per via di una domanda troppo bassa; la questione delle banche che con i loro tassi, di fatto, non recepiscono le indicazioni della politica monetaria di Francoforte. L’offerta di credito dentro l’Eurozona «resta debole». Gli imminenti stress test rendono le banche prudenti.
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