Così si rimette in Discussione il dialogo sulle riforme

by Sergio Segio | 6 Febbraio 2014 8:53

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La sua iniziativa presa nonostante l’orientamento contrario della maggioranza del Consiglio di presidenza del Senato, promette di avere riflessi sulla tenuta dell’asse tra Matteo Renzi e il Cavaliere. Il segretario del Pd si è speso fino a sfiorare la rottura del partito per stipulare una tregua con il leader di Forza Italia. Legge elettorale e riforma del Senato: le priorità che si sono dati sono queste. La scelta di Grasso rischia come minimo di rimetterle in discussione. Si tratta di uno strappo da parte del vertice di una Camera destinata, nelle intenzioni delle «larghe intese istituzionali», all’irrilevanza. Le reazioni berlusconiane, naturalmente furiose, puntano il dito sul «partito dei giudici».
Si arriva a parlare di «teppismo istituzionale» e di «richiamo della foresta», perché il presidente del Senato faceva il magistrato. In realtà, si rivendicano motivazioni solo istituzionali, legate alla «dignità» di palazzo Madama. Se a questo si aggiunge l’apprezzamento esplicito a Enrico Letta e alla continuità del governo, contenuto in una nota del Quirinale, si intuiscono le difficoltà crescenti che il tandem Renzi-Berlusconi potrebbe incontrare: almeno, se lo scenario inconfessato della loro intesa è una crisi, e magari il voto anticipato. Sarà interessante misurare il livello di comprensione tra Letta e il «suo» segretario alla Direzione del Pd di oggi. Il presidente del Consiglio parteciperà, e parlerà per appoggiare le riforme impostate da Renzi.
La domanda è se anche quest’ultimo sosterrà il governo, oppure continuerà solo a premere sul «cambio di passo» di Palazzo Chigi, facendo balenare l’ipotesi di uno smarcamento. Il paradosso è che Letta si presenterà cercando di valorizzare gli investimenti esteri raccolti nel suo viaggio negli Emirati Arabi Uniti; e Renzi con una riforma che, se approvata, è in grado di riempire un vuoto pluriennale. Ma dietro il leader eletto alle primarie, negli ultimi giorni si è avvertita una spinta crescente dei suoi a sostituire il premier.
Il segretario del Pd, in realtà, ha sempre respinto questa ipotesi. Ma il solo fatto che continui a circolare provoca un cortocircuito con la coalizione governativa. Il tema è se Renzi voglia davvero puntellare Letta; o se invece sia tentato di prenderne il posto, puntando a elezioni a primavera, insidiose per la sinistra. L’esito di questa incertezza è che il rilancio della maggioranza viene rinviato aspettando l’approvazione con Berlusconi del nuovo sistema di voto. Ma lo stallo, invece di fermare il logoramento, finisce per apparire una delle sue cause. Per questo anche da alcuni settori del Pd si chiede a Renzi di decidere: o appoggia Letta, o chiede le elezioni. Non è così facile. La decisione di ieri sera è in grado di sparigliare i giochi.
L’ex premier Mario Monti accusa Renzi di trasformare «un autore di frodi fiscali condannato all’ultimo grado» in «padre di una nuova patria». E Pier Ferdinando Casini, tornato nell’orbita del centrodestra, replica a chi lo accusa di essere subalterno a Berlusconi: «Ci parla Renzi, perché non ci posso parlare io?». Insomma, lo sfondo della tregua rischia di frantumarsi. E la marcia della legge elettorale verso un accordo sull’asse Pd-FI, di subire come minimo qualche complicazione. Letta marca la volontà di andare avanti, confortato dal Quirinale e in attesa del sostegno di Renzi. Ma deve fare i conti con un partito che, in attesa di trovare il baricentro tra stabilità e voglia di crisi, trasmette più incertezza e meno forza di quanto vorrebbe.
Massimo Franco

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