by Sergio Segio | 3 Febbraio 2014 7:35
ABU DHABI – «Vedete che i risultati arrivano, quando si lavora sui dossier di casa e su quelli esteri, senza altri pensieri?». I risultati a cui Enrico Letta allude, sotto la cupola d’oro dello scintillante Emirates Palace, sono i nove accordi commerciali siglati tra Abu Dhabi e Dubai e, soprattutto, il salto di qualità nel negoziato con Etihad per il controllo di Alitalia: «Sono molto ottimista riguardo al successo di questi accordi e pieno di speranze per l’inizio di una cooperazione strategica». Mentre gli «altri pensieri», che il presidente del Consiglio allontana con eloquenti gesti delle mani, sono gli attacchi e le sollecitazioni che gli arrivano dall’Italia.
Al mattino, intervistato da Al Arabiya, Letta aveva assicurato che «la crisi è alle spalle», ma Giorgio Squinzi non condivide affatto. Per il presidente degli industriali la crescita è troppo lenta e se il premier non ci mette più coraggio, sarà meglio tornare al voto. Letta ascolta la domanda con uno sguardo che dice assieme il fastidio e il rimprovero e poi, dal Golfo, lo gela: «Ognuno faccia bene il suo mestiere, il lavoro di Confindustria è quello di far aumentare il Pil… E i dati che noi abbiamo sulla crescita sono quelli giusti». E se Romano Prodi nell’intervista al «Corriere» lo sprona a spiazzare i nemici interni con una “sortita” a effetto, senza aver paura delle controversie politiche, il capo del governo prende (con garbo) distanze anche dall’ex presidente del consiglio: «Sono concentrato sul lavoro che sto facendo qui, non ho ancora avuto il tempo di leggere i giornali…». Negli Emirati il premier è venuto a vendere il prodotto Italia e certo non gli fa piacere che gli emiri ascoltino i problemi di casa nostra. Ma dire che è «molto soddisfatto» per come sta andando la missione negli Emirati è davvero poco. Letta è visibilmente contento per la «forte partnership strategica» che è riuscito a consolidare dopo mesi di lavoro, grazie anche alla sintonia che lega Italia ed Emirati con il filo rosso dell’accordo tra l’Expo 2015 di Milano e l’Expo 2020 di Dubai.
La pietra più preziosa da infilare nel «forziere» che Letta conta di riportare a Roma mezzo pieno è per lui l’accordo con Abu Dhabi sulla compagnia di bandiera. I giornalisti vogliono sapere quali condizioni il governo italiano porrà agli sceicchi del petrolio e Letta, senza girarci troppo attorno, avverte che l’importante è ottenere il risultato: è non far sfumare, dopo Air France, anche quella che ritiene l’ultima possibilità di salvezza: «Siamo aperti e flessibili e solo fra trenta giorni, alla fine delle negoziazioni, commenterò le condizioni». E i vertici della compagnia, potranno essere rinnovati? «Confidiamo nel team di Alitalia e abbiamo fiducia nella controparte», taglia corto il premier. E poi il passaggio più politico, che suona come un appello ai sindacati e non soltanto a loro: «Il governo farà la sua parte, come sono sicuro la faranno tutti coloro che hanno voce in capitolo, per un esito positivo dell’accordo. E’ una grande occasione, penso sia fondamentale che in questo momento ognuno si assuma le proprie responsabilità». In realtà una condizione alla firma finale il premier la pone ed è la necessità che l’investimento di Etihad sia «strategico per il futuro non solo finanziario, ma anche per la partnership industriale» di Alitalia. Trenta giorni di negoziati «non stop», che Letta seguirà «con grande speranza» e le dita incrociate, perché nessuno si azzardi a compromettere in patria «l’esito positivo» delle trattative. Le pressioni e le provocazioni della politica interna lo inseguono anche qui, ma la strategia di Letta non cambia. Il premier è convinto che i frutti stiano arrivando e che presto se ne accorgeranno anche gli italiani. Squinzi? Prodi? Renzi? I sondaggi? «L’importante è fare le cose» risponde durante il cocktail con un sorriso, che dice l’apparente indifferenza verso quanti vanno seminando ostacoli sul suo cammino. «Negli Emirati ho trovato orecchie attente ad ascoltare l’Italia, un Paese che – afferma con una nota di orgoglio – è uscito dalla crisi con le sue forze e senza chiedere un euro all’Europa». Adesso siamo affidabili e il Letta-venditore di tappeti preziosi è sicuro di piazzare sul ricchissimo mercato del Golfo i pezzi migliori del pacchetto di privatizzazioni Destinazione Italia: da Poste a Enav, da Sace a Fincantieri.
Monica Guerzoni
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