Vendita da 6 miliardi, azioni con lo sconto

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A partire dal punto numero 1 del decreto dove si legge che si «regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal ministero dell’Economia in Poste che determini il mantenimento di una partecipazione dello Stato al capitale di Poste non inferiore al 60%». Un passaggio non scontato. Il partito della privatizzazione tout court, cioè della cessione sul mercato di almeno il 51%, ha avuto voce in capitolo fino a mercoledì notte, con forte preoccupazione delle rappresentanze sindacali che, evidentemente, vista anche la storia di altri ex monopolisti di Stato come Telecom Italia, si sentono maggiormente rassicurati da un timone comunque in mano pubblica. Resta tuttavia nell’aria la possibilità di un secondo step lasciato in sospeso dallo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che ieri da Davos ha confermato: «Si parte con il 40% di Poste». Ma ha anche aggiunto: «Poi vedremo».
Nel descrivere l’alienazione di parte delle 1.306.110.000 azioni ordinarie detenute per ora tutte dal Tesoro a un valore nominale unitario di un euro, il documento firmato dal presidente del Consiglio descrive come opportuno un «processo di apertura del capitale sociale di Poste che si realizzi, anche in più fasi, attraverso un’offerta di largo mercato rivolta al pubblico».
Considerando tutte le opzioni possibili, incluso un collocamento privato, il governo mette per iscritto che le fasi potrebbero essere più di una. Non ci sono più dubbi invece sulla partecipazione all’operazione dei 145.542 dipendenti del gruppo guidato dal 2002 dall’amministratore delegato Massimo Sarmi. «L’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia», si legge al punto 2 del decreto, include «i dipendenti» ai quali è dedicato interamente il punto 3, l’ultimo. «In caso di Offerta, al fine di favorire la partecipazione dei dipendenti, potranno essere previste per gli stessi forme di incentivazione, tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, in termini di quote dell’offerta riservate, di prezzo e di modalità di finanziamento». La complessa locuzione scelta non sembra dare risposta alla domanda che si stanno ponendo in 145.542: la distribuzione ai dipendenti sarà gratuita come è avvenuto per la quotazione della Royal Mail britannica? Anche in questo caso sembra essere passata in toto la linea Sarmi. Le azioni saranno gratuite anche se la normativa sulle privatizzazioni che ha ormai 20 anni non prevede espressamente questa opzione. Dunque, su questo passaggio bisognerà intervenire con un ulteriore correttivo per permettere, secondo le attese, uno sconto del 99,9%. In ogni caso il manager delle Poste avrebbe già un piano B per permettere la distribuzione senza che i dipendenti debbano pagare. Lo Stato si attende dall’operazione di privatizzazione dai 5 ai 6 miliardi di euro. Ma la fase della valutazione inizierà solo da oggi, dopo il passaggio in Consiglio dei ministri.
Massimo Sideri


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