Una scommessa pericolosa

by Sergio Segio | 30 Gennaio 2014 15:37

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Giorni di affan­nose trat­ta­tive hanno lasciato nella sostanza intatto l’accordo con Ber­lu­sconi e l’impianto dell’Italicum, inclusi tutti i difetti e qual­che peg­gio­ra­mento, come la clau­sola salva-Lega. Nega­tiva anche l’immagine di un par­la­mento in tre­pida attesa delle veline dei capi.

Tri­ste anti­ci­pa­zione dell’assemblea che uscirà dalla legge che oggi si propone.

Ave­vano ragione o torto i costi­tu­zio­na­li­sti dell’appello pub­bli­cato su que­sto gior­nale e irrisi da Renzi? Un «mani­polo di scien­ziati del diritto», incol­pati di essere quasi tutti di ideo­lo­gia molto spinta sulla sini­stra radi­cale. Ave­vano ragione. Riba­di­sco che le modi­fi­che intro­dotte non atte­nuano affatto il giu­di­zio di inco­sti­tu­zio­na­lità; che pro­ba­bil­mente si tor­nerà alla Corte costi­tu­zio­nale, e in tempi assai più brevi della prima volta, essendo stato posto un pre­ce­dente non elu­di­bile; che se il giu­dice delle leggi man­terrà la linea della sen­tenza 1/2014 sarà col­pita anche la legge futura; che dun­que il con­fuso vociare di oggi può con­durre a nuove fibril­la­zioni politiche.

Il punto è che Renzi ha scritto sotto det­ta­tura di Ber­lu­sconi. La mino­ranza Pd rico­no­sce ora — ed era da subito evi­dente — che la pro­po­sta è sbi­lan­ciata verso Forza Ita­lia. È ovvio il motivo per cui Ber­lu­sconi non ha voluto alzare la soglia del pre­mio né abbas­sare gli sbar­ra­menti di ingresso in misura signi­fi­ca­tiva, al tempo stesso pre­ten­dendo la lista bloc­cata, corta o lunga che fosse. Que­ste opzioni gli con­se­gnano oggi il con­trollo del par­tito, e domani il domi­nio sulla coa­li­zione e la pos­si­bi­lità di con­qui­stare le chiavi del par­la­mento. I son­daggi vedono cen­tro­de­stra e cen­tro­si­ni­stra in equi­li­brio, Ncd su una linea di incerta soprav­vi­venza, il Pd in qual­che affanno, M5S che non si sgon­fia ed anzi mostra di cre­scere sulle mosse di Renzi. Il gioco di Ber­lu­sconi può riu­scire, nel rush finale è stato sem­pre bravo. Quanto popu­li­smo dema­go­gico e irre­spon­sa­bile vedremmo ancora? Quante leggi ad per­so­nam? Quanto inqui­na­mento della poli­tica e delle isti­tu­zioni? È que­sto che pre­oc­cupa. Chi cri­tica non lo fa per uno sciocco anti­ber­lu­sco­ni­smo di maniera.

Aveva alter­na­tive Renzi? Cer­ta­mente. Le sue stesse pro­po­ste ini­ziali apri­vano su altri sce­nari. Si può capire — anche se non si con­di­vide — l’opinione che non vuole un ritorno al pro­por­zio­nale e alla pre­fe­renza. Ma allora per­ché non atte­starsi sal­da­mente su un mag­gio­ri­ta­rio uni­no­mi­nale di col­le­gio a uno o due turni, con un ade­guato diritto di tri­buna? Un sistema che avrebbe di norma favo­rito il for­marsi di una mag­gio­ranza, senza mani­po­lare arti­fi­cio­sa­mente con il pre­mio la tra­du­zione dei voti in seggi. E che avrebbe con­sen­tito il voto alla per­sona e dun­que la scelta del rap­pre­sen­tante. Molte varianti sareb­bero state pos­si­bili. Certo, biso­gnava abban­do­nare il mirag­gio di una vit­to­ria cer­ti­fi­cata il giorno stesso del voto: un obiet­tivo che in nes­sun luogo si rea­lizza sem­pre, come dimo­strano paesi sta­bi­lis­simi — Gran Bre­ta­gna, Ger­ma­nia — con sistemi elet­to­rali assai diversi. E che comun­que non può mai essere garan­tito dal sistema elet­to­rale, se non azze­rando il valore del con­senso reale in voti alle forze poli­ti­che in campo.

La stra­te­gia del segre­ta­rio ha senso solo sull’assunto di una sua cer­tezza di vin­cere. Ma abbiamo dimen­ti­cato la lezione venuta dalla gio­iosa mac­china da guerra di Occhetto nel 1994, o dal Vel­troni del 2008, o anche dal Ber­sani del 2013? In ogni caso, non si gio­cano il sistema poli­tico e le isti­tu­zioni su una scom­messa. Chi mette in discus­sione le pro­po­ste di Renzi assume una pro­spet­tiva che ha un respiro ben più lungo del suo. La dichia­ra­zione di inco­sti­tu­zio­na­lità del Por­cel­lum rischia di essere una occa­sione per­duta. Si potrebbe ini­ziare una opera, certo non breve e non facile, di risa­na­mento. Ma richie­de­rebbe pazienza e lun­gi­mi­ranza, doti sco­no­sciute alla poli­tica di oggi.

A chi afferma che l’obiettivo delle cri­ti­che è poli­tico e non costi­tu­zio­nale, si risponde allora che al con­tra­rio l’obiettivo è difen­dere una diversa con­ce­zione della Costi­tu­zione, guar­dando ai tempi lun­ghi e non alla vit­to­ria nel pros­simo turno elet­to­rale. Per la demo­cra­zia nes­sun diritto è più fon­da­men­tale di quelli garan­titi dagli artt. 48, 49 e 51 della Costi­tu­zione. E il «mani­polo di scien­ziati» non è affatto irra­gio­ne­vol­mente legato a una nozione mito­lo­gica dell’aula par­la­men­tare. Sem­pli­ce­mente, assume che la rap­pre­sen­ta­ti­vità sia la ragion d’essere di una camera elet­tiva. Un par­la­mento in cui sono gon­fiati i numeri di alcuni e ridotti quelli di altri, che vede altri ancora estro­messi, popo­lato di anime morte non scelte da nes­suno e solo obbe­dienti al capo, a che serve?

Infine, al segre­ta­rio del Pd va ricor­dato che non alcuni esa­gi­tati costi­tu­zio­na­li­sti, ma la Corte costi­tu­zio­nale gli pone uno stop. Un mani­polo di giu­dici par­ruc­coni e sac­centi? Sia per­messo un con­si­glio: pru­denza. Ci vuol poco a pas­sare da rot­ta­ma­tore a sfasciacarrozze.

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