Un buon brindisi per l’Europa. Ma attenti ai trionfalismi

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E non escludo di aver dimenticato qualcosa, tra un brindisi e l’altro. Ma inducono davvero all’ottimismo, i fuochi d’artificio del Capodanno europeo? In parte, in una piccola parte, la risposta è positiva. Una Europa che spesso ci appare paralizzata dimostra di non esserlo, la Lettonia firma una cambiale di fiducia anche se la sua scelta è influenzata dalla volontà di allontanarsi dalla Russia (qualcosa di simile a quello che vediamo nelle piazze di Kiev), non ci saranno «invasioni» dall’Est, la nuova responsabilità della Bce è un cruciale primo passo sulla via di una Unione Bancaria ancora da completare, e un Erasmus meglio finanziato può soltanto allargare le scarse opportunità delle nuove generazioni. Ci ha detto, questo primo giorno dell’anno, che l’Europa è sveglia anche quando ci sembra assopita, che la ruota malgrado tutto continua a girare.
Non è poco, se si pensa che un po’ ovunque nella Ue si vanno infoltendo le schiere degli eurostanchi che vorrebbero, non si capisce come o a quale prezzo, tornare indietro. Non diamo la colpa ai popoli, che talvolta vengono considerati la sorgente del populismo anti-europeo. Come potrebbe mai esistere un popolo contento e pronto al consenso, mentre viene impoverito e sottoposto a sacrifici severi? I populisti anti-europei sono piuttosto coloro (politici in testa) che tentano di sfruttare a proprio vantaggio elettorale le sofferenze dei popoli, e proprio per questo rappresentano una seria minaccia non solo contro l’Europa, ma anche contro la democrazia. E tuttavia, se si pone correttamente la questione del populismo, non si può essere contenti di quanto fanno (o non fanno) l’Europa e gli europeisti. La chiave di tutto non è mutata negli ultimi anni, e non è mutata nemmeno dopo le tanto attese elezioni tedesche: il rigore finanziario è sacrosanto (e molto tardivo per l’Italia); le riforme strutturali sono necessarie anche se non è vero che debbano ispirarsi a un solo modello di successo (quello della Germania); ma dato che in democrazia tutto ciò non può essere disgiunto dalla libertà di espressione (anche irresponsabile) e dalle verifiche elettorali, è ancora possibile trovare forme di gradualismo che evitino di uccidere il malato in nome di una controversa neo-ideologia? Progressi ne sono stati fatti, non ultimi quelli sull’Unione Bancaria: imperfetti, sì, ma pensate a quale segnale avrebbe lanciato un fallimento. E tuttavia il ritmo di marcia è troppo lento, se paragonato a quello di chi strumentalizza gli umori popolari. E le elezioni, a cominciare proprio da quelle europee, sono troppo vicine. E ancora, mentre l’Europa non riesce a «produrre» (per esempio programmi veri per l’occupazione), tende a prevalere anche da noi un ottimismo di maniera. L’Italia aggancerà la ripresa, crescerà, il semestre italiano servirà a far cambiare le cose, dei molti miliardi che dovremo produrre dal primo gennaio 2015 per far calare il debito pubblico si parla poco, e così incoraggiando. Con il rischio poi di deludere. Qualche volta ho nostalgia di Churchill, quello che promise lacrime e sangue. Ma vinse la guerra.
Franco Venturini


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