Tagli a norme e burocrazia e assegni a tutti i licenziati Il piano lavoro del segretario

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ROMA —Un tweet prima dell’ora di pranzo, firmato da Matteo Renzi: «Bene governo su insegnanti. Adesso Lavoro: dati Istat devastanti. Oggi bozza Jobs act per dibattito aperto. Pd decide 16 gennaio». Così il segretario del Pd — dopo aver segnalato tempestivamente lo scivolone del governo sulle buste paga dei docenti — crea un’onda di aspettativa, annunciando che in giornata verrà sfornata la bozza del famoso «programma sul lavoro». Eccolo, dunque, a tarda sera il «Jobs act» (ancora in embrione, in realtà) che avrebbe l’ambizione di abbattere molti tabù del ‘900. Gli obiettivi sono tre per il partito che eredita la tradizione riformista della sinistra italiana: «Incidere sul sistema, creare nuovi posti di lavoro, modificare le regole»: «Si tratta ancora di un sommario — ammette Renzi — con le prime azioni concrete formulate con i ragazzi della segreteria… Nella prossima settimana lo arricchiremo con le osservazioni ricevute e lo discuteremo nella direzione del Pd del 16 gennaio… Nessuno si senta escluso: è un documento aperto, politico, che diventerà entro un mese un vero documento tecnico».
Dunque, chi si aspettava un testo più approfondito dovrà pazientare e accontentarsi, per ora, del sommario. Che abbraccia proposte annunciate e alcune novità. Farà discutere il punto 6: «Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince un concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere della burocrazia ministeriale». E sempre sullo stesso filone Renzi punta sul disboscamento della burocrazia: semplificazione amministrativa per la spesa pubblica, più poteri ai Comuni (parere obbligatorio entro 60 giorni di tutti i soggetti interessati) per l’utilizzo di beni demaniali. Segue l’obbligo di trasparenza imposto a partiti, sindacati e amministrazioni pubbliche.
Inoltre, creerà scompiglio e consensi la proposta di ridurre all’osso le 105 Camere di commercio, abolendo l’obbligo di iscrizione per le imprese. Già annunciata, invece, la tassazione delle rendite finanziarie per calmierare l’Irap (meno 10%) delle aziende. Rimane lo sconto energetico del 10% per tutte le imprese e vengono confermati i sei canali per rilanciare l’occupazione.
Tutto questo Renzi lo aveva detto in pillole nei giorni scorsi. Le pillole ora sono diventate un sommario lungo 5 cartelle che introduce anche «l’assegno universale» per chi perde il lavoro ed è disposto a seguire un corso di formazione e a non rifiutare una nuova proposta di impiego. Tra le regole da cambiare c’è infine anche la legge sulla rappresentanza sindacale mentre nel documento non c’è traccia dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
L’accelerazione del segretario ha obbligato i fedelissimi del sindaco cui è stato affidato il dossier lavoro, la deputata Marianna Madia e l’economista Filippo Taddei, ad una vera e propria rincorsa. Eppure, spiega Renzi in calce al sommario, «nei prossimi giorni apriremo la riflessione con tutti. Ma con l’idea del fare. Certo ci saranno polemiche, resistenze. Ma pensiamo che un provvedimento del genere… possa dare una spinta agli investitori stranieri. E anche italiani».
Divulgato a tarda sera, il sommario del «Jobs act» è stato oggetto di commenti a «scatola chiusa». Gianni Cuperlo, presidente del Pd, aveva messo le mani avanti: «Sono pronto a discutere di contratto unico a tutele progressive» purché, contestualmente, vengano salvaguardati i diritti e in particolare «l’articolo 18 anche nella fase dell’inserimento». Dall’opposizione arrivano le critiche di Deborah Bergamini (FI): «L’occupazione non si crea né per legge né per magia». La replica, a tutti, di Renzi: «Non sono le leggi che creano lavoro, ma gli imprenditori. L’Italia può farcela, ma deve uscire da questa situazione di bella addormentata nel bosco. Deve rompere l’incantesimo».
Dino Martirano


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