Slitta il patto di governo, tensione nel Pd E Serracchiani attacca Zanonato: lasci

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ROMA — La notizia si può raccontare così: la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, chiede le dimissioni del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato per una questione legata alla Regione. Ma si può anche vedere in un altro modo: un’importante esponente renziana della segreteria del Pd chiede le dimissioni di un ministro bersaniano e di un membro del governo «amico» guidato da Enrico Letta. È difficile limitarsi alla prima lettura, in tempi di dure polemiche interne, dopo le dimissioni di Gianni Cuperlo dalla presidenza dell’Assemblea, e in tempi di rimpasto (con eventuale Letta bis).
A proposito del governo, il patto di coalizione slitta. Ieri mattina la segreteria del Pd ha infatti deciso che la settimana prossima si terranno una nuova segreteria e una Direzione per approvare le proposte del Pd per «Impegno 2014», come viene chiamato il patto di coalizione. E quel testo riguarda l’importante Jobs Act. Uno slittamento di tempi quindi – che riguarda anche le difficoltà nel trovare un accordo finale sulla legge elettorale – visto che il premier Letta intendeva approvare il programma già questa settimana, per poi dare il via libera a una riorganizzazione dell’esecutivo.
E in questa logica c’è chi ha letto l’intervento di ieri della Serracchiani. Che però nasce innanzitutto in chiave locale. Perché il presidente del Friuli attacca il ministro per la gestione della crisi Electrolux. Sulla quale, Zanonato «ha dimostrato di non avere l’equilibrio necessario per ricoprire il suo delicato incarico». E per questa ragione «dovrebbe dimettersi». L’irritazione nasce dai commenti del ministro dello Sviluppo economico, secondo il quale le difficoltà del gruppo svedese riguarderebbero lo stabilimento di Porcia (Pordenone) e non quello di Susegana (Treviso): «Come presidente di Regione devo esprimere un vivissimo rammarico per la condotta del ministro, che ha saltato tutti i livelli di mediazione, credendo di risolvere la crisi buttando a mare lo stabilimento di Porcia». La Serracchiani lamenta anche che Zanonato, nonostante le promesse, non sia mai andato in visita a Porcia: «Ora ci vada lui a dirgli che devono solo chiudere».
Zanonato replica abbastanza laconicamente, facendo riferimento a una sua risposta al governatore veneto: «La mia nota a Zaia dice il contrario di quanto ha inteso la Serracchiani. Mi concentro su Porcia, le polemiche sono dannose. Queste critiche non le capisco». Serracchiani smentisce che la polemica rientri nello scontro tra correnti: «Non c’entrano nulla partiti e correnti, è fuori strada chi cerca di strumentalizzare».
Ma a difesa di Zanonato, e a conferma della tensione che ha provocato nel partito, arriva una nota firmata da otto parlamentari veneti. Che parlano di «aggressione incomprensibile e da rispedire al mittente. La richiesta di dimissioni è strumentale e probabilmente ha finalità altre rispetto all’oggetto del contendere. La governatrice scarica altrove i propri ritardi e inefficienze». Parole dure, firmate tra gli altri dai bersaniani Davide Zoggia e Davide Naccarato. Dunque una tripla connotazione: politica (una presunta incapacità di gestire una trattativa), geografica (Veneto contro Friuli) e correntizia (bersaniani contro renziani).
L’attacco a Zanonato arriva a colpire un ministro già traballante, più volte attaccato nelle scorse settimane e considerato tra quelli più a rischio in caso di rimpasto. Rimpasto nel quale Renzi non vuole assolutamente mettere la faccia, respingendo ogni insinuazione su una presunta volontà di mettere i suoi nella squadra di Letta. Il tema sarà comunque affrontato dal presidente del Consiglio. E gli attacchi a Zanonato (come, su un altro fronte, a Nunzia De Girolamo), costituiranno comunque elementi di cui non si potrà non tenere conto.
Nel partito, intanto, la tensione resta alta dopo le dimissioni di Cuperlo e i tentativi della minoranza di smarcarsi e di modificare l’accordo sulla legge elettorale. L’altro ieri sera, Renzi ha cercato di conquistare la platea del gruppo alla Camera e il clima è parso meno teso del previsto. Anche se restano le distanze. Oltre a Stefano Fassina, anche Guglielmo Epifani ha rimproverato il segretario per i toni duri usati verso Cuperlo. Quando Renzi ha sentito la parola «rispetto», è intervenuto con una certa vivacità: «Rispetto vuol dire educazione e su questo nessuno mi può dire nulla: sono stato educato bene dal babbo e dalla mamma. E poi quando si parla di rispetto, si parla anche di rispetto dei patti, come quello che ho firmato con Berlusconi. Mio nonno faceva il sensale, vendeva maiali e una stretta di mano valeva cento contratti. Quindi, va bene il rispetto tra noi, ma anche quello dei patti presi con gli altri».
Alessandro Trocino


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