Siriani contro qaedisti, 500 morti Guerra aperta nel fronte anti-Assad

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GERUSALEMME — Gli abitanti del villaggio hanno ricominciato a disegnare i manifesti satirici che per quasi tre anni ogni venerdì hanno mostrato al mondo. Per denunciare le atrocità del regime, per criticare le decisioni degli americani e degli europei, negli ultimi mesi per accusare i gruppi fondamentalisti di aver sequestrato la loro rivoluzione. Slogan considerati così irriverenti da spingere gli affiliati di Al Qaeda in Siria ad arrestare gli attivisti e distruggere gli uffici di una radio dell’opposizione, una campagna di intimidazione che aveva interrotto le proteste.
Per poco. Ieri la gente di Kafranbel è apparsa dietro a un poster che rappresenta Barack Obama, il presidente americano, mentre innaffia una pianta nera e carnivora con la sigla dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Come a dire: è colpa del tuo non intervento se questa erbaccia sta crescendo sulla nostra terra. A estirparla ci sta provando da una settimana quella parte dei ribelli siriani che da maggio dell’anno scorso subisce le angherie degli estremisti.
Per mesi hanno permesso alle milizie dell’Isil, più forti militarmente, di spadroneggiare nelle province a nord del Paese verso il confine con la Turchia. Le brigate fondamentaliste, composte soprattutto da stranieri, vogliono imporre la legge islamica, perseguitano e torturano i rivoltosi che non si allineano, sono responsabili dei rapimenti di giornalisti stranieri, sembrano più interessate a consolidare il loro dominio che a combattere le forze del regime. Adesso i raid contro i manifestanti pacifici di Kafranbel — spiega Raed Fares, uno dei leader al New York Times — avrebbero spinto l’Esercito siriano libero a unirsi con altre sei fazioni per coordinare l’offensiva contro gli uomini in nero.
Gli scontri vanno avanti da una settimana, i morti sarebbero già cinquecento. Contro i qaedisti sono intervenuti anche gruppi religiosi e conservatori come il Fronte Islamico, che è formato da siriani. L’Alleanza dei mujaheddin (il nome del nuovo sodalizio) ha pubblicato un messaggio su Facebook in cui dichiara l’Isil un nemico: «Combatteremo fino a quando non deporranno le armi e lasceranno il Paese o accetteranno gli ordini dei nostri comandanti». Il portavoce dell’Isil ha risposto con un’altra dichiarazione di guerra nello stile del movimento: «Possediamo eserciti in Iraq e Siria rigonfi di leoni affamati che bevono il sangue e mangiano le ossa». L’altro gruppo legato al Al Qaeda ma di origine locale per ora non partecipa alla battaglia, cerca di mediare. Il Fronte Al Nusra ha capito che la vicinanza all’Isil rischiava di allontanare la popolazione dai suoi obbiettivi e spera di uscire rafforzato da questo conflitto.
I combattimenti sono cominciati nella provincia di Idlib e si sono estesi a quelle di Aleppo, Raqqa, Hama. Nella città di Aleppo — racconta un attivista all’agenzia France Presse — la gente è intrappolata in casa e non esce neppure per procurarsi da mangiare perché ha paura dei cecchini appostati sui tetti. «I siriani di diversi colori ideologici — scrive l’analista Charles Lister del Brookings Doha Center in Qatar sulla rivista Foreign Policy — vogliono finalmente riprendere il controllo della rivolta. Purtroppo rischia di essere troppo tardi: la presenza dell’Isil produrrà instabilità per anni».
Davide Frattini


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