by Sergio Segio | 29 Gennaio 2014 15:19
E il vicepremier Angelino Alfano, quasi di rimbalzo, lancia un Letta bis con ministri renziani, chiedendo al segretario del Pd se intende appoggiarlo o no. Sono manovre incrociate che per il momento portano solo allo slittamento di un giorno della discussione parlamentare sulla riforma elettorale: comincerà domani pomeriggio. Ma potrebbero anche accentuare le tensioni e frenare l’intesa.
Ormai è chiaro che Forza Italia è pronta a dare il «via libera» alla proposta di Renzi solo in cambio di un’ipoteca sul governo, e forse di altre concessioni delle quali non si vedono ancora i contorni. E il Nuovo centrodestra di Alfano, che si sente minacciato dalla riforma, teme di logorarsi se il vertice del Pd non viene coinvolto nella coalizione. Sono condizioni politiche, che si mescolano con quelle tecnico-elettorali e di fatto le oltrepassano. La diatriba sul 35 o 38 per cento di soglia per far scattare il premio di maggioranza, o la barriera del 4 o del 5 per le forze minori è solo lo schermo numerico di una trattativa politica: uno scambio nel quale sono in palio bipolarismo e legislatura.
Da Forza Italia arrivano parole di ottimismo: la legge dovrebbe essere approvata dalla Camera in settimana. Le telefonate tra Renzi e Berlusconi e i tecnici al lavoro per gli ultimi dettagli fanno pensare che sia quasi fatta. Per paradosso, gli insulti grevi del Movimento 5 Stelle a Giorgio Napolitano, accusato di favorire una norma che i grillini considerano incostituzionale, avvicina gli interlocutori. Eppure resta un alone di tatticismo e di incertezza strategica che non permette di dare per scontato l’esito: almeno, non nei tempi brevi che Renzi spera. Berlusconi sa che l’immagine vincente del leader del Pd dipende da lui.
Ma se il Cavaliere non ha ancora deciso se tentare la forzatura delle elezioni anticipate, o aspettare, non dirà né sì né no. Terrà sulla corda il suo interlocutore, mentre sia nel Pd che dentro FI le tensioni stanno silenziosamente montando; e i partiti piccoli protestano contro la «strozzatura» del dibattito alla Camera sulla riforma elettorale. La linea dura berlusconiana sulle preferenze e sul premio di maggioranza, la richiesta di un emendamento che salvi il vecchio e malconcio alleato leghista, sono figli di questa esitazione. E Renzi non può fare molto per costringere il suo alleato istituzionale ad accelerare. Può solo osservare che Berlusconi «è a un bivio». Da destra, Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, chiede al segretario del Pd di dire con chiarezza se vuole elezioni a maggio.
In caso contrario, si domanda il motivo di tanta fretta di approvare la riforma. Dietro queste riserve non è difficile intravedere altre forze minori, spaventate da una fine rapida della legislatura; e da una legge che potrebbe spazzarle via. Un fallimento appare difficile: segnerebbe una sconfitta per tutti, non solo per Renzi. Il dubbio che qualcosa possa andare storto, tuttavia, deve nutrirlo anche lui, se avverte: «Sarebbe un peccato perdere l’occasione»; ed evoca «paludi» e «sabbie mobili». Nella sua cerchia si continua a temere un Berlusconi temporeggiatore. E al capo di FI non dispiace: è la sua polizza di sopravvivenza politica.
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