Renzi chiama l’ultimo giro

by Sergio Segio | 28 Gennaio 2014 13:51

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Le sorti della legge elet­to­rale, del governo e della legi­sla­tura si deci­de­ranno nelle pros­sime 48 ore. Mat­teo Renzi va giù duro: «Se si affossa la legge elet­to­rale è dif­fi­cile pen­sare a una spa­zio di spe­ranza per que­sta legi­sla­tura. Ma io sono otti­mi­sta. L’accordo non può sal­tare per uno 0,5%…». Poche ore e Enrico Letta rac­co­glie la palla osten­tando anche lui mas­sima fidu­cia: «Se c’è l’accordo il più felice sono io. Un risul­tato posi­tivo raf­for­zerà il governo».

Entrambi i lea­der occul­tano le dif­fi­coltà, che non sono affatto supe­rate. Si tratta di fare ingo­iare a Forza Ita­lia una legge elet­to­rale se non pro­prio oppo­sta certo molto diversa da quella che Sil­vio Ber­lu­sconi aveva con­cor­dato con Mat­teo Renzi. Con un dop­pio turno che da even­tuale passa a quasi certo, dato l’ormai asso­dato innal­za­mento della soglia per acce­dere al pre­mio di mag­gio­ranza al 38% (un cedi­mento azzurro cer­ti­fi­cato ieri sera da Denis Ver­dini, sul quale avrebbe pesato mol­tis­simo la sua­sion non solo morale del Colle). E con soglie di sbar­ra­mento dra­sti­ca­mente abbas­sate: non solo quella per i par­titi in coa­li­zione ma anche quella per i par­titi che si pre­sen­tano da soli.

E’ il prezzo che Ber­lu­sconi dovrebbe pagare per il ritorno al cen­tro della scena poli­tica, sta­volta addi­rit­tura in veste di padre della patria e “grande vec­chio” (a cosa altro ser­vono quelle foto per la prima volta piene di rughe com­parse sul Sun­day Times, se non ad accre­di­tare la nuova imma­gine e l’inedito ruolo?). Par­tita rischiosa. Se il Cava­liere s’imbizzarrisce salta tutto, e a fare le spese di un tra­collo non sarebbe solo il governo ma anche, nelle urne, il Pd. Solo che lui, Sil­vio il Sag­gio, tor­ne­rebbe di corsa nel girone infer­nale degli appe­stati e degli intoc­ca­bili. Ne vale la pena?

Quella che si sta gio­cando è in realtà una par­tita dop­pia. Su un tavolo c’è la lon­ge­vità dell’esecutivo. Il governo è uscito cer­ta­mente inde­bo­lito dalla vicenda De Giro­lamo. La ormai ex mini­stra dell’Agricoltura ha ras­se­gnato dimis­sioni al vetriolo, accu­sando Letta, ma tra le righe anche il lea­der del suo par­tito Ange­lino Alfano, di non averla difesa abba­stanza. E’ addi­rit­tura pos­si­bile quel rien­tro all’ovile, nelle file del par­tito d’Arcore, invo­cato da Nitto Palma ma smen­tito dal capo dei sena­tori azzurri romani. Dovun­que fini­sca donna Nun­zia, la sua pole­mica dipar­tita per il governo è una grana, anche se Letta, che per ora ha assunto l’interim all’Agricoltura, spera di tra­sfor­mare il guaio in utile oppor­tu­nità sosti­tuen­dola con un ren­ziano doc come Oscar Fari­netti, il crea­tore di Eataly.

Non ha aiu­tato l’improvvida uscita dome­ni­cale del capo dei depu­tati for­zi­sti Renato Bru­netta: «Se si fa la legge elet­to­rale, poi si vota. E’ dif­fi­cile che una pistola cari­cata non spari». A modo suo si tratta di una ovvietà, ma il solo fatto che un alto diri­gente azzurro la abbia espli­ci­tata semina il panico. Fioc­cano così emen­da­menti alla legge elet­to­rale stu­diati appo­sta per osta­co­lare l’eventuale voto anti­ci­pato, in par­ti­co­lare quelli che mirano a can­cel­lare la legge elet­to­rale per il Senato. Senza quella “rete di pro­te­zione” votare prima che il Senato mede­simo sia stato can­cel­lato diven­te­rebbe dav­vero impossibile.

Alla par­tita sulla tenuta del governo si affianca quella per impe­dire che Sil­vio Ber­lu­sconi esca dalla vicenda come trion­fa­tore. Dal giorno dell’incontro con Renzi nella sede del Pd al Naza­reno, l’ex “cada­vere” è tor­nato più vivo e vegeto che mai. Con una legge fatta a sua misura rischia forte di strap­pare per l’ennesima volta al Pd una vit­to­ria appa­ren­te­mente facile. Alzare la soglia per il pre­mio di mag­gio­ranza e allo stesso tempo abbas­sare quella per i par­titi, in par­ti­co­lare per quelli che non si pre­sen­tano coa­liz­zati, ha appunto l’obiettivo di toglier­gli l’appena ricon­qui­stato scet­tro sull’intero centrodestra.

Sia pure a denti stretti, Sil­vio Ber­lu­sconi è orien­tato a cedere sulla soglia per il pre­mio di mag­gio­ranza. Ma per pareg­giare il conto si è irri­gi­dito su quelle di sbar­ra­mento, sia per i par­titi in coa­li­zione (sulla quale era pronto a mol­lare prima che l’intervento del Qui­ri­nale lo met­tesse alle strette sul fronte del pre­mio di mag­gio­ranza) sia, a mag­gior ragione, per i par­titi non coa­liz­zati. Sulle pre­fe­renze, poi, non c’è mai stato dialogo.

La vita del governo e quella della legi­sla­tura sono appese al brac­cio di ferro delle pros­sime ore su que­sti due fronti.

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