by Sergio Segio | 26 Gennaio 2014 18:26
«Ci hanno quasi ammazzato e non so perché». A parlare è Jonas, uno dei quattro clochard slovacchi massacrati ieri notte a Genova, mentre dormiva in un cartone insieme alla moglie a ai cognati. Un raid vigliacco e ben organizzato, in piena notte, in una zona a quell’ora deserta. Siamo in piazza Piccapietra, in pieno centro città, a pochi metri dalla redazione del Secolo XIX. Bobak, 30 anni, ha riportato un trauma cranico ed è ricoverato all’ospedale Galliera: è il più grave tra i feriti. La donna che era con lui, Alice, 45 anni, ha una frattura scomposta alla mano. Dormivano lì da diversi anni, notte dopo notte, e chiedevano l’elemosina nella vicina via XX Settembre. I cognati, Giovanni e Suzanne, invece, erano arrivati pochi mesi fa da Taranto.
«Erano persone per bene, con noi sono sempre stati gentili ed educati» dice Francesca del negozio di abbigliamento Scout, che questa mattina quando è arrivata ad aprire le saracinesche ha visto il sangue su ciò che rimaneva della tenda utilizzata da Bobak e Alice per dormire. «Tutte le mattine, prima che aprissimo il negozio, loro smontavano la tenda e toglievano i cartoni, lasciando tutto in ordine». «Non davano fastidio a nessuno, solo delle bestie possono aver fatto una cosa simile» le fa eco la sua collega. A dare l’allarme un residente della zona, che ha sentito le urla e ha chiamato i soccorsi.
L’episodio poco prima delle quattro, evidentemente pianificato a tavolino: i quattro assalitori, incappucciati e muniti di spranghe, prese probabilmente nel vicino cantiere di galleria Mazzini, si sono nascosti dietro due colonnati. Poi, dopo che due di loro si sono assicurati che i clochard dormissero, sono passati all’azione: uno su ciascuna vittima, colpendoli ripetutamente con i tubi innocenti e anche con calci. Il tutto è durato poco più di 5 minuti. Poi i quattro sono fuggiti, in altrettante direzioni diverse, lasciando Bobak, Alice, Jonas e Suzanne in un lago di sangue. Con loro c’era un quinto homeless, sordomuto, che fortunatamente è riuscito a fuggire. E due cagnolini, che gli facevano compagnia nelle lunghe giornate in cui cercavano di racimolare qualche spicciolo, e nelle fredde notti invernali, appena scaldate dalle griglie di aerazione del sottostante parcheggio. Uno di loro è scappato via terrorizzato, l’altro è rimasto accanto al padrone.
La scena è stata ripresa dalle telecamere del negozio, ma tutta la zona è coperta da impianti di videosorveglianza. La polizia sta partendo proprio da qui per tentare di identificare gli aggressori. «Erano giovani, uno sui trent’anni glia altri tre sui quaranta e due avevano i pantaloni mimetici» ha raccontato una delle vittime alla polizia. E tutti avevano il volto coperto da sciarpe e cappucci. Ancora: durante il raid gli aggressori non hanno proferito una sola parola. Elementi che sembrano far pensare a un’aggressione di tipo xenofobo, più che a un regolamento di conti tra disperati. In un primo momento infatti si era ipotizzato che si potesse trattare di una vendetta per uno sgarro, un pizzo non pagato al racket delle elemosine.
Ma le modalità dell’aggressione sembrano portare in un’altra direzione, quella di un raid organizzato da qualche gruppuscolo di estrema destra. Non a caso sull’episodio altre alla squadra mobile sta indagando anche la Digos. Perché se è vero che a Genova i neofascisti sono numericamente irrisori, in qualche occasione hanno provato a rialzare la testa. Durante la prima manifestazione organizzata in città dal movimento dei forconi lo scorso 9 dicembre, a Genova sono arrivate decine di teste rasate con celtiche esposte bene in vista. E gli aggressori potrebbero essere facilmente arrivati dalla vicina provincia.
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