by Sergio Segio | 31 Gennaio 2014 9:29
ROMA — «Domani vengo a Roma ad abbracciarvi perché siete dei guerrieri meravigliosi.
Siamo la Nuova Resistenza».
Beppe Grillo evoca la guerra partigiana e annuncia la sua calata a Roma. Per chiarire il concetto segue Paolo Becchi: «Siamo in guerra come durante il fascismo, ci vorrebbe un altro Aventino». Intanto infuria una battaglia senza precedenti. I 5 Stelle aprono il fuoco contro tutto e tutti. Urla e strepiti, conferenze stampa fatte e impedite, litigi con politici e stampa, occupazioni e azioni di protesta.
L’ufficio della presidente Laura Boldrini è assediato. Filibustering e insulti, resistenza passiva e ges ta cc i . M a , a l d i l à d e l l’aspetto plateale e degli «svirgolamenti» (Luigi Di Maio), la guerriglia si appoggia anche su ricorsi e denunce. Tra tutti, quello annunciato in mattinata: la messa in stato di accusa del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Preceduto e seguito da una furibonda polemica interna, segnale di un’area di dissenso non irrilevante. Sei i punti dell’accusa al capo dello Stato: espropriazione della funzione legislativa del Parlamento e abuso della decretazio- ne d’urgenza; promozione di una riforma della Costituzione che «mina il principio cardine della Carta, la sua rigidità»; mancato esercizio del potere di rinvio; seconda elezione a Presidente; improprio esercizio del potere di grazia nel caso Sallusti e Romano (Abu Omar); infine, il capitolo più pesante, la «trattativa Stato-mafia» con «l’ingerenza verso la magistratura e la distruzione di 4 intercettazio- ni». Riassume Paola Taverna: «Agisce come un monarca assoluto: bentornati ai tempi di Luigi XIV». In conferenza stampa Federico D’Incà si sfoga: «Questa gente non merita rispetto. Chi sono questi, cosa vogliono da noi?».
A margine, Alberto Airola parla di «rabbia scatologica». Il clima è teso, gli animi esasperati.
Molti si sentono davvero i Nuovi resistenti. Eleonora Bechis scrive su Facebook: «Ieri sera la mia bimba mi ha chiesto: “Cos’hai fatto oggi?” Io l’ho guardata e l’ho abbracciata piangendo». La giorn ata comincia con l’occupazione delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali. Il relatore di quest’ultima Francesco Paolo Sisto fa portare il testo base senza emendamenti. Insorge anche il Nuovo centrodestra. È caos. Il capogruppo alla Camera Roberto Speranza prova a fare dichiarazioni alla stampa, ma Alessandro Di Battista glielo impedisce. Violento alterco, con quest’ultimo che prima emula il De Niro di Taxi Driver («che fai, mi tocchi?»), poi finisce urlando: «Gli italiani hanno fame, voi gli togliete il pane!». La Boldrini è asserragliata: le porte blindate vengono chiuse a chiave, come non era mai successo. I 5 Stelle annun- ciano ricorso alla Consulta con- tro la «ghigliottina».
Altri focolai. Volano parole grosse tra un cronista e due deputati. Il questore Stefano Dambruoso, che durante l’assalto dei 5 Stelle alla presidenza, aveva colpito al volto Loredana Lupo, si scusa: «È stato un gesto involontario». Si scusa anche Massimo De Rosa, a modo suo. Aveva detto alle deputate pd di essere lì solo per aver praticato sesso orale (con altre parole). Correzione: «Quali insulti sessisti, mi riferivo a tutti, uomini e donne». Contro di lui arriva la querela di diverse deputate pd. Tra i 5 Stelle molti disapprovano l’escalation. Tancredi Turco: «Non sono d’accordo sui toni, qualcuno si è fatto prendere la mano. Dovevamo fare una protesta gandhiana e non è stato così». Ma sono i senatori i più inviperiti. L’impeachment non è mai stato votato in assemblea e tantomeno in rete. Maria Mussini, Francesco Campanella e altri chiedono: «Chi l’ha scritto m a te r i a l m e n te ? » . Fe d e r i c o D’Incà dice in conferenza stampa: «I nostri legali». Non è così.
Si alzano le urla di Serenella Fucksia. Che poi spiega: «Abbiamo chiesto dove è stato deci- so e da chi: non ci hanno rispo- sto. L’impeachment non era la priorità. E le argomentazioni sono debolucce. Ci stiamo facendo prendere la mano dalla campagna elettorale, qualcuno ci prende gusto. Ora lo chiederò a Grillo: ci spieghi quando è stato d e c i s o l ’ i m p e a c h m e n t » .
Qualcuno ai piani alti si fa sfuggire dettagli che non lo sono: «Grillo aveva annunciato l’impeachment entro fine mese e abbiamo dovuto accelerare.
Non gli piace essere smentito.
Per esempio abbiamo dovuto alzare da 600 a 1.000 il reddito di cittadinanza, perché Grillo aveva detto così». Sul blog, in attesa di sbarcare a Roma, il fondatore attacca Verdini «il massone» e il capo dello Stato, che «voleva esportare il fascismo in Urss». I «nuovi partigiani» lo aspettano.
Alessandro Trocino
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