Nuovo presidente e nuove sfide per i giornali Mediacoop

by Sergio Segio | 23 Gennaio 2014 11:09

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L’assemblea delle società edi­trici affi­liate a Media­coop ha eletto ieri il nuovo uffi­cio di pre­si­denza. L’associazione dei gior­nali in coo­pe­ra­tiva e non pro­fit di Lega­coop rac­co­glie oltre 300 imprese edi­trici e a otto­bre festeg­gerà il decen­nale dalla fon­da­zione (era l’8 otto­bre 2004). Il nuovo pre­si­dente è il gior­na­li­sta Mas­simo Tognoni, sto­rico respon­sa­bile della comu­ni­ca­zione della Lega della coo­pe­ra­tive. Accanto a lui, i nuovi eletti nell’ufficio di pre­si­denza sono Mauro Iengo, respon­sa­bile legi­sla­tivo di Lega­coop, Manuel Poletti, Andrea Palombo e Clau­dio Ciri­puti. Pre­si­dente ono­ra­rio per accla­ma­zione resta Lelio Gras­succi. L’assemblea ha rivolto un affet­tuoso saluto e rin­gra­zia­mento per il lavoro svolto a Mario Salani, che ha gui­dato l’associazione negli anni forse più dif­fi­cili della sto­ria dell’editoria.

L’assemblea è stata l’occasione per fare il punto sui nume­rosi punti cri­tici che riman­gono nel set­tore: tanto nor­ma­tivi quanto finan­ziari e indu­striali. I pro­blemi dei gior­nali di idee sono comuni: il dif­fi­ci­lis­simo pas­sag­gio al digi­tale, la scar­sità delle risorse pub­bli­ci­ta­rie (solo in Ita­lia il 59% della pub­bli­cità va alle tv e il 9,1% ai quo­ti­diani), la man­canza di un inter­vento pub­blico anche minore del pas­sato ma con­gruo e certo. I fondi pub­blici per l’editoria sono pas­sati in meno di dieci anni da 700 milioni l’anno a 50. Uno stan­zia­mento insuf­fi­ciente e che per di più con­tiene poste di bilan­cio impro­prie rispetto alla desti­na­zione del fondo per il plu­ra­li­smo quali il rim­borso del debito dello stato con Poste o le con­ven­zioni con la Rai.

Nella sua rela­zione intro­dut­tiva, Lelio Gras­succi ha sot­to­li­neato le dif­fi­coltà a breve e a lungo ter­mine che stanno por­tando molti gior­nali sull’orlo della chiu­sura. Nell’immediato, non c’è solo la neces­sità di por­tare i con­tri­buti diretti a livelli soste­ni­bili (almeno il 60% del diritto) che il governo ha pro­messo di garan­tire entro l’estate. C’è anche la legge sull’equo com­penso, che lunedì arri­verà a una riu­nione deci­siva. La norma, giu­sta nel prin­ci­pio, vuole eli­mi­nare il feno­meno dila­gante dello sfrut­ta­mento dei free­lance. Ma prima è stata insab­biata dagli edi­tori della Fieg (l’unica orga­niz­za­zione dato­riale ammessa mal­de­stra­mente al tavolo dalla legge), poi dal pre­si­dente dell’ordine dei gior­na­li­sti Enzo Iaco­pino, che ha boc­ciato il com­pro­messo rag­giunto tra Fnsi e Fieg. La set­ti­mana pros­sima sarà deci­siva. Certo è che la legge rischia di abbat­tersi come napalm sui gior­nali non pro­fit, che nei fatti saranno gli unici a dover garan­tire dav­vero l’«equo com­penso» pena l’esclusione dai rim­borsi dello stato.

Tra le nubi nor­ma­tive che aleg­giano su un set­tore pic­colo ma fon­da­men­tale per il plu­ra­li­smo, c’è poi la poca chia­rezza delle norme sul socio sov­ven­tore e sui ristorni, l’assenza di un con­tratto gior­na­li­stico spe­ci­fico, la man­canza di chia­rezza sul nuovo fondo per la stampa isti­tuito presso la pre­si­denza del con­si­glio, che rischia di essere un puro ban­co­mat per i pre­pen­sio­na­menti e le ristrut­tu­ra­zioni dei grandi gruppi quo­tati in borsa.

«Siamo con­sa­pe­voli che la ten­denza alla ridu­zione del soste­gno pub­blico all’editoria è desti­nata a con­so­li­darsi — spiega il neo pre­si­dente Tognoni — ma il governo deve rifi­nan­ziare il fondo edi­to­ria almeno nei minimi ter­mini pro­messi dal sot­to­se­gre­ta­rio Legnini alle camere e darci il tempo di pro­vare a deli­neare un futuro diverso per le coo­pe­ra­tive del settore».

Inte­gra­zione, ser­vizi comuni, rete. Temi su cui Lega­coop, attra­verso il pre­si­dente Giu­liano Poletti, garan­ti­sce la mas­sima atten­zione. Così, nel corso dei vari inter­venti, l’assemblea ha visto dipa­narsi uno scam­bio non solo delle dif­fi­coltà ma anche delle prime, pos­si­bili, solu­zioni: dalle edi­zioni digi­tali al cro­w­d­fun­ding fino alla rego­la­men­ta­zione di con­tratti e retri­bu­zioni, non solo con leggi nazio­nali ma anche, in molte realtà locali, attra­verso leggi regionali.

Il mani­fe­sto fa ai nuovi ver­tici i migliori auguri di buon lavoro. Ce n’è bisogno.

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