by Sergio Segio | 13 Gennaio 2014 7:50
CITTÀ DEL VATICANO — Un collegio cardinalizio sempre più rappresentativo della Chiesa universale, aperto al Sud del mondo. E un Papa libero, con il quale non esiste più nulla di scontato. Ieri Francesco ha mostrato una volta di più di essere totalmente alieno dai vincoli del «si è sempre fatto così», frase che non sopporta. Nel giorno in cui, primo pontefice a farlo, battezzava nella Sistina anche la bimba di una coppia non sposata in Chiesa — ma da arcivescovo di Buenos Aires lo aveva fatto più volte, deplorando l’ipocrisia dei preti «doganieri della fede» che respingono le coppie cosiddette «irregolari» —, Bergoglio ha annunciato la nomina di 19 nuovi cardinali che saranno «creati» dal pontefice nel concistoro del 22 febbraio: 16 che avrebbero diritto di voto in un ipotetico conclave e tre ultraottantenni. Tra questi ultimi spicca il nome di Loris Capovilla, 98 anni, storico segretario e custode della memoria di papa Roncalli, un riconoscimento significativo nell’anno della canonizzazione di Giovanni XXIII.
Ma è tra i 16 elettori che si misurano le novità di Francesco. E non tanto per le quattro porpore nella Curia romana, tre delle quali ad italiani, attese e motivate dall’importanza dei ruoli: diventano cardinali il Segretario di Stato Pietro Parolin, il prefetto dell’ex Sant’Uffizio Gerhard Müller, il prefetto della Congregazione del Clero Beniamino Stella e Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, cui Bergoglio appena eletto aveva messo sul capo la propria berretta rossa («ora sei già mezzo cardinale!») come un annuncio. Le nomine curiali sostengono la presenza degli europei. Ma la linea del pontificato verso una Chiesa sempre meno eurocentrica sta piuttosto nella distribuzione dei dodici elettori «residenziali», che sono cioè vescovi nelle diocesi: tre cardinali dell’America del Nord e Centrale, tre dall’America del Sud (se si considera l’America Latina, i porporati sono cinque), due dall’Africa, due dall’Asia e infine due dall’Europa, uno dei quali italiano: l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, ancora frastornato da «una nomina per me assolutamente inaspettata, una fedele dopo la messa è arrivata in sagrestia chiamandomi “eminenza”, pensavo si riferisse alle voci che erano circolate, cui non davo alcun credito: poi un mio parroco mi ha fatto leggere il sito internet del Vaticano…». Perugia, del resto, non era da tempo una diocesi «cardinalizia»: l’ultimo vescovo cardinale era stato nel 1853 Vincenzo Gioacchino Pecci, poi papa Leone XIII.
Diocesi tradizionalmente «cardinalizie» sono invece, o almeno lo erano, Venezia e Torino: in altri tempi la porpora per il patriarca Francesco Moraglia e per l’arcivescovo Cesare Nosiglia sarebbe stata automatica. Del resto non c’è solo la sorpresa di Perugia: Francesco ha nominato cardinali anche in diocesi inedite come Haiti o Cotabato, nell’isola filippina di Mindanao. E resta invece fuori, ad esempio, Bruxelles né ci sono statunitensi. Una curiosità: a parte le origini evidenti del successore di Bergoglio a Buenos Aires, Mauro Aurelio Poli, un altro «italiano» nel collegio cardinalizio è Ricardo Ezzati Andrello, cileno ma nato nel vicentino a Campiglia dei Berici e rimasto nel nostro Paese fino a diciassette anni.
Non che ci siano «bocciature», comunque, anche al prefetto Gerhard Müller era capitato di saltare un turno. E Francesco, d’altra parte, è stato attento a non superare troppo la soglia dei 120 elettori fissata da Paolo VI: ad oggi c’erano 13 posti «vacanti», e altri 3 cardinali supereranno gli 80 anni di qui a maggio. Ci saranno altri concistori e altre nomine. Ma l’essenziale è che con Francesco non esistono più automatismi. Resta la direzione di fondo tracciata dal Papa. Nel conclave che il 13 marzo elesse Bergoglio i cardinali europei erano più della metà e gli italiani quasi un quarto. Già Benedetto XVI, nel suo ultimo concistoro, aveva iniziato a «riequilibrare» la composizione del collegio, considerato che la maggior parte dei fedeli della Terra vive nel Sud del mondo e l’Europa è una minoranza. L’attenzione ai vescovi «pastori», il riconoscimento di diocesi povere. E scelte oltre gli schemi, com’è nello stile di un Papa che ieri, mentre battezzava i bimbi nella Sistina, ne elogiava «il coro» invitando le madri ad allattarli senza problemi: «Alcuni piangeranno, perché non sono comodi o perché hanno fame: se hanno fame, mamme, date loro da mangiare, tranquille, perché loro sono qui i protagonisti».
Gian Guido Vecchi
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