Nel 2014 il test dei 159 tavoli di crisi

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MILANO — Come conciliare la necessità di un «irrobustimento strutturale del sistema produttivo» con l’urgenza di dare risposte al contingente curando le «singole situazioni di crisi»? L’azione del governo — per dirla con le parole del sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti — è tutta compresa tra queste due istanze. E il 2014 sarà un anno intenso per la task force ministeriale chiamata a gestire 159 tavoli di confronto tra altrettante aziende — alle prese con complicate transizioni e l’incubo della cessazione di attività — e le sigle sindacali deputate alla tutela degli oltre 120 mila lavoratori coinvolti.
A ben vedere — allargando la prospettiva — sono oltre 700 i tavoli con cui l’unità di crisi del ministero guidata da Giampiero Castano si è dovuta confrontare dal 2008 — inizio della Grande Crisi — ad oggi. Il tentativo come sempre è stato quello di mediare tra le richieste dei management delle imprese chiamate a fare quadrare i conti e quelli dei lavoratori a rischio uscita dal ciclo produttivo e destinatari di sussidi statali per tirare avanti.
Una doverosa premessa: si tratta di vertenze estremamente diverse tra loro. Per settore, per numero di lavoratori coinvolti, per taglia di azienda. Quindi ogni tentativo di ricomprenderle risponde solo a un’esigenza giornalistica di semplificazione. Ad ogni modo i settori maggiormente esposti alle «intemperie» della globalizzazione sono l’elettrodomestico bianco, protagonista delle cronache recenti tra un nuovo caso Electrolux (ha deciso altri 500 esuberi oltre ai mille che derivavano da precedenti accordi) e l’intesa sul fotofinish con per Indesit che ha consentito di scongiurare 1.400 esuberi. Ma anche la siderurgia (soprattutto Ilva, ma anche Lucchini dove a Piombino i lavoratori hanno l’ombrello dei contratti di solidarietà fino a febbraio) è alle prese con la necessità di un «riposizionamento» sui mercati globali per un costo dell’approvvigionamento di materie prime troppo alto e una domanda domestica in picchiata.
E ancora: come non rilevare le difficoltà del comparto telecomunicazioni (vedi le vertenze Italtel e Alcatel), l’avvento di nuove tecnologie e gli investimenti in Italia della cinese Huawei sui ponti radio che sembra andare in controtendenza rispetto agli altri operatori del settore. Oppure la componentistica moto e auto in sofferenza per il crollo dei consumi dei beni finali (l’ultimo fronte — senza tavolo al ministero — della Piaggio con mille contratti di solidarietà). Infine: le criticità del farmaceutico con i tagli agli organici anche delle filiali italiane di Big Pharma e il rischio estinzione di intere categorie professionali (l’informatore).
Finora le noti dolenti, eppure il 2013 ha dimostrato come la concertazione nella sua naturale tripartizione governo/imprese/sindacati abbia spesso funzionato nonostante il sentiero stretto entro cui si muovono tutti gli attori in causa. Nel corso degli ultimi dodici mesi sono stati sottoscritti 62 accordi che hanno consentito di evitare oltre 12 mila riduzioni di organico. Alcuni esempi? Natuzzi, Bridgestone, Vestas, Candy, Berco, Valtur, Plasmon, Wind. Il corollario sta nella richiesta all’Inps di oltre 990 milioni di ore di cassa integrazione tra gennaio e novembre scorso. Un dato in crescita ed esemplificativo dello Stato assistenziale. È l’unica panacea per tutti i mali?
Fabio Savelli


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