Napolitano: non mi intimidiscono anche la politica faccia sacrifici

by Sergio Segio | 2 Gennaio 2014 9:24

Loading

ROMA — Ha elogiato il coraggio degli italiani che affrontano quotidianamente la crisi economica e ha chiesto ai politici di fare la propria parte di sacrifici. Poi ha spiegato che non si farà intimidire dalle minacce di impeachment, né da campagne calunniose. Questi i passaggi salienti del discorso di fine anno del presidente Giorgio Napolitano che, seduto alla sua scrivania, ha aperto in diretta televisiva le lettere di sette italiani che gli raccontavano la loro storia. Il discorso ha registrato un picco di ascolti: oltre sette milioni di italiani lo hanno seguito.

Elogia il «coraggio» degli italiani di fronte alla crisi e chiede ai politici di «fare anche loro i sacrifici ». Invita il governo a dare «la priorità» a lavoro e riforme («servono scelte lungimiranti e continuative ») e apre a Renzi spiegando che anche a suo giudizio la legge elettorale va cambiata sulla base «della più larga intesa». Annuncia che non si farà intimidire dall’impeachment minacciato da Grillo e Berlusconi, «non mi lascerò condizionare da campagne calunniose e da ingiurie», e conferma il suo avvertimento ai partiti: «Resto al Quirinale fino a quando la situazione lo richiederà, dunque solo per un tempo non lungo». Chi rema contro su stabilità e rinnovamento istituzionale è avvisato. Giorgio Napolitano rompe con i rituali quirinalizi, siede al suo tavolo di lavoro anziché
alla scrivania presidenziale, e apre il messaggio di fine anno rispondendo in diretta alle lettere di sette italiani che gli raccontano le loro storie di sofferenza nella tempesta della recessione. Faccia a faccia — ed è la prima volta nel discorso di Capodanno — con l’amarezza di un piccolo imprenditore e il dramma di un esodato, la disperazione di un padre di famiglia o lo smarrimento di giovani senza prospettive di lavoro. L’annus orribilis se ne va, «questo 2013 è stato fra i più pesanti e inquieti nella storia della Repubblica», e anche per il capo dello Stato è arrivato il momento di voltare pagina. Parla al paese, la voce roca per un mal di gola che quasi mette in crisi i microfonisti Rai, raccogliendone l’ansia di una svolta. «Sono necessari forti cambiamenti nella politica, nelle istituzioni, nei rapporti sociali».
E parla anche, però solo alla fine, degli attacchi scatenati contro il Colle. «Conosco i limiti dei miei poteri. Nessuno può credere alla ridicola storia delle mie pretese di strapotere personale». Ricorda come andarono le cose per la sua rielezione, mettendo nel mirino Forza Italia: «Tutti sanno — anche se qualcuno finge di non ricordare — che il 20 aprile scorso di fronte alle pressioni di diverse e opposte forze politiche, sentii di non potermi sottrarre in un momento di allarmante paralisi istituzionale ». Null’altro che questo lo spinse a caricarsi ancora «di un simile peso ». Ma è un mandato a termine, conferma citando le parole pronunciate nel discorso di insediamento: resterà presidente fino a quando la situazione istituzionale, e le forze, «me lo faranno ritenere possibile». Solo fino ad allora, «e non un giorno di più». Ma qual è questa scadenza? Il capo dello Stato non indica date, ma nei piani del Colle l’idea è di accompagnare il semestre di presidenza italiana della Ue, portare a casa la modifica del Senato e del Porcellum, indire le elezioni nel 2015 e poi rassegnare le dimissioni. Ma se le riforme s’incagliano, il capo dello Stato potrebbe anche fare le valigie in tempi brevi, e sarebbe questo Parlamento a dover scegliere il suo successore. Col rischio di precipitare in quel «vuoto istituzionale » cui il paese, svela il presidente della Repubblica, è stato davvero vicino in quei nei giorni in cui non riusciva ad eleggere né il governo né il capo dello Stato: «Non erano pericoli immaginari». Rischio scongiurato, anche sul piano finanziario, col risparmio di oltre 5 mila miliardi sugli interessi del debito pubblico. Perciò sarebbe «dissennato» disperdere i benefici del difficile cammino compiuto, esporsi a nuove tensioni mettendo in discussione la stabilità.
Non indica ricette, «il solo giudice è il Parlamento», però Napolitano un richiamo si sente in dovere di lanciarlo: la preoccupazione per il «tutti contro tutti», le tendenze «distruttive» nel confronto politico, fino all’esasperazione, «anche con espressioni violente». Così si lacera la coesione sociale. Beppe Grillo è avvertito. Perché invece c’è spazio, «ed è grande», in Parlamento «per le forze di opposizione che vogliano avanzare controproposte sostenibili».

Post Views: 175

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2014/01/napolitano-non-mi-intimidiscono-anche-la-politica-faccia-sacrifici/