L’India ha debellato la poliomielite

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Lunedì 13 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità annuncerà formalmente un grande risultato raggiunto dall’India negli ultimi anni nell’ambito della salute pubblica: l’eliminazione della poliomielite, malattia particolarmente diffusa nel paese che fino a due decenni fa provocava diverse centinaia di nuovi casi ogni giorno. Il successo dell’India è molto importante nella lotta alla diffusione della polio in tutto il mondo: l’ultimo caso registrato nel paese risale a tre anni fa e nel giro di poche settimane il governo di New Delhi spera di dichiarare l’India paese “completamente libero” dalla polio.

La campagna del governo indiano per combattere la poliomielite è iniziata nel 1995 ed è costata finora quasi 1,6 miliardi di dollari, più altri fondi provenienti da diverse fonti private, come quelli della fondazione di Bill Gates (l’idea era nata però l’anno precedente, dopo una massiccia campagna di vaccinazioni anti-polio organizzata dal governo di New Delhi). È stata una grande operazione, scrive il Wall Street Journal, che ha coinvolto operatori sanitari, funzionari locali, leader religiosi e circa 2 milioni di persone incaricate di vaccinare i bambini indiani, spesso passando porta a porta. In India solo negli ultimi tre anni sono state somministrate 480 milioni di dosi di vaccino all’anno su un totale di circa 174 milioni di bambini sotto i 5 anni. Deepak Kapur, responsabile della campagna anti-poliomielite in India per Rotary International, ha spiegato che le personalità più difficili da coinvolgere sono stati i leader religiosi musulmani. Una volta convinti, però, sono diventati tra i più importanti fattori di successo della campagna: durante la preghiera del venerdì, ha raccontato Kapur, ricordavano agli indiani musulmani di portare i loro bambini a vaccinarsi.

Il risultato raggiunto dall’India è notevole, specialmente se si considerano le dimensioni del paese, gli scarsi indici di igiene e la difficoltà di vaccinare milioni di persone, molto spesso in villaggi lontani dalle città e con forti resistenze sociali e religiose nei confronti di particolari pratiche mediche, tra cui le vaccinazioni. Kapur ha spiegato come uno degli ostacoli più grandi per l’eliminazione della polio è stata la paura: in diverse zone dell’India si era diffusa la credenza che il vaccino anti-polio fosse stato creato per rendere i bambini sterili o che fosse una sostanza vietata dalle scritture islamiche.

La poliomielite è stata una delle malattie infantili più temute del Ventesimo secolo. Il virus si diffonde tramite le feci delle persone che hanno contratto la malattia – spesso chi è rimasto contagiato non mostra alcun sintomo per diverso tempo – e poi si trasmette con il cibo e l’acqua contaminati. In basse percentuali il virus può causare anche la paralisi permanente. In India nel 2009 c’erano stati 741 casi di poliomielite, quasi la metà di tutti i casi del mondo; l’anno successivo erano scesi a 42. L’ultimo caso di polio in India è stato registrato il 13 gennaio 2011, esattamente tre anni fa, e ha riguardato una bambina di due anni del Bengala Occidentale paralizzata dalla malattia. Il risultato raggiunto dall’India relativa alla poliomielite ha spinto il governo ad annunciare altri ambiziosi obiettivi nell’ambito della salute pubblica, come l’eliminazione del morbillo e la lotta contro la malaria, l’HIV/AIDS e la tubercolosi resistente ai farmaci.

Hamid Jafari, direttore della campagna di eradicazione della polio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha detto che grazie al risultato ottenuto dall’India sarà possibile puntare all’eliminazione totale della trasmissione della poliomielite in tutto il mondo entro il 2014. L’obiettivo comunque non sarà facile da raggiungere: la poliomielite è endemica in tre paesi – Pakistan, Nigeria e Afghanistan – e recentemente sono stati riscontrati dei focolai nel Corno d’Africa e in Siria. Nei tre paesi dove la situazione è più grave, comunque, sono state adottate di recente alcune delle tecniche usate dall’India per eliminare la malattia: nel 2012 in Pakistan, Nigeria e Afghanistan sono stati registrati solo 223, la cifra più bassa mai raggiunta fino a quel momento, scesa a 148 nel 2013.


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