by Sergio Segio | 13 Gennaio 2014 7:24
CITTA’ DEL MESSICO — I chilometri di distanza da Roma saranno anche 10 mila. Ma appena sbarcato qui a Città del Messico, per la sua visita di due giorni ricca di incontri economici, il presidente del Consiglio Enrico Letta deve guardare subito a Roma. Anzi, deve guardarsi le spalle dal pressing alto che gli arriva dal segretario del suo partito. No, non gli è piaciuta l’intervista che Matteo Renzi ha dato al Corriere. Quella frase «Enrico non si fida di me ma sbaglia» ha rovinato la sua domenica messicana, nessun incontro ufficiale in agenda ma solo un tour privato con Messa alla Basilica di Nostra signora di Guadalupe ed escursione alle piramidi azteche di Teotihuacan. Dopo lunga riflessione Letta decide di rispondere, naturalmente a modo suo: «Invece io di Matteo mi fido e sono convinto che ci siano tutte le condizioni per lavorare bene insieme», dice il presidente del Consiglio.
Buon viso a cattivo gioco, anche se il fastidio c’è e si vede tutto quando aggiunge di essere sicuro che «i problemi del Paese vengono prima di quelli personali». Un malumore sottile che però diventa esplicito quando si concede una battuta, evento raro nel suo caso, per rispondere all’affondo di Renzi sul contratto di coalizione da scrivere non in democristianese ma con un file di Excel: «Non mi sembra che Excel sia proprio un ritrovato degli ultimi giorni — scherza Letta — lo usiamo anche noi a Palazzo Chigi». La battuta è spesso più sincera di un pacato ragionamento, arriva dalla pancia prima che dalla testa. E forse per questo Letta giudica proprio una battuta un altro passaggio dell’intervista del rottamatore, quella bocciatura per un governo che in undici mesi non avrebbe fatto niente: «Premesso che i mesi non sono undici il mio giudizio è chiaramente diverso, altrimenti non sarei qui al mio posto».
Insomma il Pd ancora nel doppio ruolo di partito che governa ma che è in prima fila nel mettere pressione al governo. Un partito revolucionario institucional , proprio come si chiama quello tornato al potere qui in Messico. Esaurito il capitolo delle frizioni quotidiane, c’è però anche il pezzo di strada che il revolucionario Renzi e l’institucional Letta devono fare gomito a gomito. «Il cambio di passo? Siamo noi i primi a chiederlo — dice ancora Letta — ed è chiaro che quest’operazione può passare anche attraverso una revisione della squadra di governo». Il famoso rimpasto o Letta bis sul quale il premier sembra accelerare. È vero che «ogni decisione è rinviata a dopo il 16 gennaio», giovedì prossimo, quando si riunirà la direzione del Pd. Ed è vero anche che fino ad allora i partiti avranno tempo per cercare un compromesso sui capitoli ancora aperti, legge elettorale compresa. Solo che adesso il presidente del Consiglio non dice più che il rimpasto potrebbe arrivare dopo la chiusura del contratto di coalizione, il nuovo programma di governo che dovrebbe coprire tutto il 2014. Ma che programma e rimpasto devono andare di pari passo. «In ogni caso — ricorda Letta — il nuovo programma e l’eventuale nuova squadra di governo passeranno dal Parlamento, come sempre abbiamo fatto in questi mesi». Una mozione sul programma o un vero e proprio voto di fiducia, poi si vedrà.
Proprio perché i giochi decisivi saranno quelli della fine della prossima settimana il governo ha rinviato a primavera il vertice con la Turchia che si sarebbe dovuto tenere a partire da venerdì. C’era il rischio concreto che qualche ministro della delegazione per Istanbul subisse un cambiamento in corsa. Nessuna sovrapposizione pericolosa, invece, per la visita di Città del Messico, del resto troppo importante per essere cancellata dopo un’assenza durata 25 anni. Le opportunità in vista per le nostre imprese con la prossima apertura ai privati del settore petrolifero sono il primo punto all’ordine del giorno. Soprattutto per le prime gare sull’esplorazione dei giacimenti in mare aperto alle quali potranno partecipare per la prima volta anche società straniere, come la nostra Eni. Il tutto dovrebbe partire nei primi mesi del 2015. E chissà quale governo ci sarà allora in Italia.
Lorenzo Salvia
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