Legge elettorale, firma a tre. Il caso Lega

by Sergio Segio | 23 Gennaio 2014 10:05

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ROMA — Falsa partenza per la riforma elettorale e polemiche su chi sia il vero estensore del testo che traduce in un articolato l’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, ormai noto come Italicum. La bozza doveva essere pronta alle 14 di ieri per consentire alla commissione Affari costituzionali della Camera di avviare l’esame. Ma il suo deposito è slittato a tarda sera per venire a capo di questioni che riguardano sia la possibilità di inserire una norma che consenta alla Lega Nord di superare lo sbarramento del 5%, sia il modo con cui aggirare la controversia su liste bloccate o preferenze, agitata da una parte del Pd, dal Nuovo centrodestra e da Scelta civica. A ciò va aggiunta la richiesta di Sel di fare slittare al 29 gennaio l’inizio della discussione in Aula — previsto inizialmente per il 27 — a causa del congresso del partito che impedirebbe ai parlamentari vendoliani di studiare le norme e predisporre eventuali modifiche.
Il testo consegnato alla commissione è sottoscritto da Pd, Forza Italia e Nuovo centrodestra, ma non da Scelta civica che, comunque, si accinge a presentare alcune modifiche. L’insieme rispecchia l’intesa tra Renzi e Berlusconi, estesa poi anche ad Alfano. Il premio di maggioranza è fissato al massimo al 18% e scatta se una lista o una coalizione raggiunge il 35%, ma l’alleanza vincente non potrà superare, con il premio, il 55% dei seggi. Se nessuno raggiunge tale soglia andranno al ballottaggio le prime due liste. Chi vince si aggiudica 340 seggi alla Camera. Nel secondo turno non sono ammessi ulteriori apparentamenti, e chi vince guadagna «solo» 327 seggi. È previsto anche l’obbligo del 50% di candidate donne, ma non sono consentite le candidature multiple. Le liste saranno bloccate, con un minimo di tre e un massimo di sei concorrenti. E lo stesso sistema vale per il Senato che, a differenza del vecchio Porcellum, fissa il premio di maggioranza a livello nazionale e non più regionale.
Nel primo pomeriggio, il relatore, nonché presidente dell’organismo parlamentare, il forzista Francesco Paolo Sisto, rivela che gli uffici tecnici stanno ancora mettendo a punto le norme, ma nega di essere un semplice «passacarte», accusa che gli aveva mosso Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) e annuncia di essere pronto anche a «convocare la commissione venerdì, sabato e domenica» per rispettare la data del 27 per l’approdo della riforma in Aula.
L’intoppo all’origine del ritardo riguardava l’individuazione di un meccanismo per consentire a un movimento a forte radicamento territoriale in alcune aree del Paese, come la Lega, di non venire penalizzata nella ripartizione proporzionale. L’Italicum prevede infatti che vi accedano quei partiti che, coalizzati, superano la soglia del 5% su base nazionale. Il Carroccio alle politiche del febbraio 2013 si fermò al 3,9%. L’ipotesi sulla quale si è discusso e che poi è stata accantonata (non si sa se verrà riproposta in futuro come un emendamento nel corso dell’iter parlamentare) rielaborava lo schema concordato a suo tempo in Senato tra Pd, Forza Italia e Lega. Tale intesa prevedeva che potessero partecipare alla distribuzione dei seggi le forze politiche che, per la Camera, avessero superato il 10% in tre regioni e, per il Senato, avessero ottenuto il 15% in una regione. Ipotesi che ha fatto inalberare La Russa: «Berlusconi vuole salvare la Lega e ammazzare gli altri alleati». Ma dal Carroccio, il segretario Matteo Salvini ha escluso un’eventualità del genere: «La Lega non ha bisogno di aiutini o leggi elettorali fatte su misura». Umberto Bossi, però, ha minacciato fuoco e fiamme: «Se ci cacciano dal Parlamento, la Lega è pronta a fare una battaglia di liberazione».
Un altro dei motivi di frizione riguarda il dilemma: liste bloccate o preferenze? I bersaniani si ritrovano affiancati agli esponenti del Nuovo centrodestra in questa richiesta. «Noi puntiamo a un emendamento unitario di tutto il Pd su questo, come abbiamo vinto sul doppio turno così possiamo vincere contro le liste bloccate», sostiene Alfredo D’Attorre. Anche il presidente del Ncd Renato Schifani persegue lo stesso obiettivo. «Non molliamo sulle preferenze — aggiunge il ministro Gaetano Quagliariello —. Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per assicurare agli elettori il diritto di scegliere i propri rappresentanti e non solo di identificarli attraverso listini bloccati che saranno anche “in”, ma sempre bloccati sono».
Lorenzo Fuccaro

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