Le armi siriane verso l’Italia

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C’è voluto «un paio d’ore», ma questa delicata fase ha richiesto mesi di pianificazione ed è avvenuta con una settimana di ritardo sulla tabella di marcia, attribuito alla scarsa sicurezza e alle condizioni metereologiche. Si tratta del primo passo nel piano di trasferimento delle armi chimiche siriane, messo a punto da russi e americani insieme all’Opac (Organizzazione per la distruzione delle armi chimiche), che ha incoraggiato «il governo siriano a mantenere lo slancio a rimuovere i restanti agenti chimici in modo tempestivo».
L’operazione di carico potrebbe richiedere diversi giorni: la «Ark Futura» insieme al cargo norvegese «Taiko», che pure sarà coinvolto, si è infatti spostata al largo, in acque internazionali, scortata da navi da guerra cinesi e russe. Qui attenderà, a distanza di sicurezza, di completare il carico in più tappe. Le due imbarcazioni si dirigeranno poi verso un porto italiano, dove le armi chimiche verranno trasferite sulla nave americana «Cape Ray». Quest’ultima si dirigerà a sua volta in acque internazionali prima di neutralizzarle grazie a strumenti presenti a bordo.
Non è ancora certo quale sarà il porto italiano di transito: tra i più citati dalle ultime indiscrezioni di stampa, secondo l’Ansa ci sono quello di Brindisi, dove però il Comune ha espresso la propria opposizione, e un porto in Sardegna, dove il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, ha espresso netto dissenso. A dicembre, fonti europee avevano parlato di un porto «civile e non militare». Il ministro degli Esteri Emma Bonino ha chiesto di evitare «polemiche strumentali: spero che tutte le forze politiche sappiano comportarsi con il rispetto e il decoro di un Paese che ha fortemente voluto la distruzione delle armi chimiche».
Le sostanze prelevate ieri provengono da due dei dodici siti di armi chimiche presenti nel Paese, ma non è chiaro a quale percentuale ammontino sulle 1.300 tonnellate dell’arsenale. Il trasferimento resta una sfida nel Paese in guerra: il governo ha ripreso il controllo dell’autostrada che collega Damasco a Latakia, ma gli attivisti non escludono nuove offensive.


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