L’Aquila, lo scandalo infinito “Non abbiamo neanche un cimitero dove piangere i nostri morti”

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L’AQUILA. L’APPALTO è di 30 milioni e basta poco per portarlo a casa. Sessantamila euro, da consegnare a un capo della Protezione civile. In fondo, si tratta solo dello 0,2%». C’è anche la musica, nel bar. Protegge da orecchie indiscrete. Fin che si tratta di parlare, va bene questo bel locale dell’Aquila. Ma per consegnare i soldi meglio trovarsi a Padova, nella hall dell’hotel Crown Plaza. «Gli ho dato i soldi, avvolti in un giornale, il Sole 24 Ore.
Ma non mi fidavo molto. In cambio lui mi ha consegnato un assegno, da incassare se l’appalto non fosse andato a buon fine. Sospettavo — e avevo ragione — che quel denaro non fosse per un capo della Protezione e un mese dopo ho avuto la conferma. Lui, che girava su una Fiat Bravo, si faceva vedere su un Range Rover nero».
MAGNITUDO E MAZZETTE
Il sisma che ha colpito l’Aquila il 6 aprile 2009 aveva una magnitudo del 5,9. Non si conosce l’intensità di questa nuova scossa arrivata con la notizia di quattro arresti (ex assessori, consiglieri comunali, imprenditori, sedicenti mediatori d’affari…) ma è certo che fa molto male perché colpisce la città al cuore. Stronca certezze («In Comune ci sono persone per bene che faranno di tutto per fare rinascere l’Aquila») e costruisce paure. «Anche da noi, come in Irpinia, per qualcuno il terremoto è diventato un affare». Tutti ricordano Francesco Maria Piscicelli («Io ridevo stamattina alle tre e mezzo, dentro il letto) nella notte della strage. Tutti sanno che l’emergenza è diventata ricchezza per tanti, in una città che ha speso 34 milioni di euro per i gabinetti chimici e 250 milioni per ponteggi spesso inutili. Ma arrivavano da lontano, gli affaristi e anche i ladri. Poi altre frasi («Ma che culo il terremoto… Se non paghi non lavori ») hanno fatto capire che i malfattori erano anche in casa. Cittadini eletti da altri cittadini, aquilani che annunciavano: «L’Aquila torna a volare».
Il colpo al cuore arriva all’alba dell’8 gennaio, quando vanno agli arresti domiciliari quattro ex assessori ed ex consiglieri comunali, faccendieri e loro assistenti. Altri quattro, fra i quali il vice-sindaco, sono indagati. Non c’è distinzione fra destra e sinistra.
Pier Luigi Tancredi, ex assessore di Forza Italia, secondo l’accusa porta una confezione di grappa con dentro 10mila euro al vice-sindaco Roberto Riga, centro sinistra. Sembrano cani che si litigano l’osso. Si cerca la fetta di torta più grande, si gode quando gli altri della cricca cadono in disgrazia. Il 3 aprile 2013 esce la notizia di un’inchiesta sulle ditte delle tangenti e Daniela Sibilla, collaboratrice di Tancredi, così commenta: «Mo se la ripiglia in culo Mario… Vladimiro mi sa che ci entra… ventimila euro». Mario, secondo l’accusa, è Di Gregorio, ex assessore alle opere pubbliche. Vladimiro è il Tancredi.
IL SINDACO E LA VERGOGNA
Se n’è andato, presentando le dimissioni l’11 gennaio, anche il sindaco Massimo Cialente. Nelle sue parole c’è un allarme. «In questa città non è vero che ride soltanto qualche assessore. Sono in tanti che stanno ridendo, ridendo sulle lacrime di altri aquilani. Quando due ragazzi che aprono un’attività sono costretti a chiuderla perché un altro aquilano richiede fitti alti, poi il proprietario è magari uno di quelli che viene a dire “ma che sta facendo il sindaco”? Ma che vergogna. Io chiedo alla città di interrogarsi: ciascuno di noi, nel proprio piccolo, anche nel consegnare la ricostruzione della propria casa, nella scelta di ingegnere, progettista, si è comportato in maniera corretta? Affittando una casa, affittando un negozio, tutti quanti si sono comportati al meglio? Forse è arrivato il momento che da questo interrogarsi la città tiri fuori una classe dirigente migliore».
TRA PUBBLICO E PRIVATO
Le inchieste della magistratura hanno raccontato e raccontano che per tanti il terremoto è diventato un bancomat. Si truccano i conti dei lavori di ripristino, si chiede più del dovuto, tanto paga lo Stato. «Al fine di conseguire un ingiusto profitto ai danni della pubblica amministrazione — questa l’accusa ripetuta più volte — con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, si utilizza l’artifizio della formazione e presentazione al Comune dell’Aquila della documentazione accertata essere falsa… ». Nell’inchiesta contro il costruttore Carlo Ciotti — 17 indagati in attesa di rinvio a giudizio — ciò che colpisce è il numero delle truffe. Su 75 pratiche esaminate, ben 58 sono risultate non corrette. Sotto accusa imprenditori, direttori dei lavori e progettisti ma anche alcuni cittadini. Ci sono cifre im-
portanti. Nella ristrutturazione dell’immobile intestato a T. A, ad esempio, il costruttore è accusato di avere certificato lavori per euro 239.721,32 ma la differenza fra «le lavorazioni certificate e quelle effettivamente compiute» è pari ad euro 102.029,83. Nel caso di G. A la cresta è di 62.167,66 euro su 159.540,85. Ma ci sono anche piccoli importi che raccontano però come la truffa sia diffusa. Per l’immobile di V. W., su lavori per 10.768,42 euro, «l’incongruenza » è di soli 456,06 euro al lordo delle imposte. Ma tutti assieme, secondo l’accusa, questi lavori hanno reso all’imprenditore e ai direttori dei lavori, nell’ambito della «truffa consumata», euro 486.353,47 mentre per la «truffa tentata» — nei casi in cui ancora non c’era stato il pagamento della fatture — si arriva a euro 223.353,47. Da sottolineare che per quasi tutti i cantieri si tratta di case e appartamenti in fascia A, quella che certifica i danni più lievi. «Dall’analisi dei dati estrapolati dal sito del Comune dell’Aquila — scrive però il Gip Giuseppe Romano Gargarella — risulta che la ditta individuale Ciotti Carlo, fatta eccezione per le pratiche A, ha di fatto avuto in affidamento 158 cantieri di cui 29 per pratiche E (quelle con danni più pesanti, ndr) per un totale di euro 12.740.059,00 di contributi richiesti ed è risultata essere fra le prime imprese per numero degli affidamenti ottenuti».
Anche altre inchieste hanno portato a risultati sconfortanti. A Bugnara, Comune del “cratere” con 1.193 abitanti, la Finanza, esaminando per ora solo le pratiche A, che prevedono un contributo massimo di 10mila euro per piccole riparazioni più 2.500 per le parti comuni, ha riscontrato «contributi illecitamente richiesti per esecuzioni di lavori non confacenti alle norme e liquidazione di lavori mai eseguiti » per un importo di euro 968.441,00. Denunciate 91 persone: tre amministratori pubblici, 11 professionisti, 28 imprese edili e 50 privati.
“UNA BANDA DI LADRI”
Ci sono nuovi cartelloni pubblicitari, nel centro storico dell’Aquila. Coprono i pochi palazzi dove sono iniziati i lavori e annunciano che «L’Aquila Rinasce ». Ma ci sono cartelloni che, come a palazzo Pica Alfieri, coprono soltanto palazzi puntellati (in questo caso con una spesa di almeno 200.000 euro) e abbandonati. Palazzo Carli, sede del rettorato — al centro dell’ultima inchiesta che ha portato ai quattro arresti — è stato «messo in sicurezza» con una spesa di 1,6 milioni ma i muri sembrano gonfiarsi come un panettone al forno. «Siamo davvero — dice Eugenio Carlomagno, presidente del consorzio San Pietro — in un momento critico. Con i 250 milioni dei puntellamenti avremmo potuto ricostruire un quinto del centro storico. Ma per troppo tempo le regole sono state vaghe o inesistenti. Nel mio consorzio, con 36 nuclei, stiamo abbattendo tutto per ricostruire di nuovo. Spenderemo 8,8 milioni. Abbattendo solo le case più disastrate e riparando le altre, si sarebbero spesi più di 12 milioni. Certo, servono onestà e tanta oculatezza. Ci sono responsabili di consorzio che erano amministratori di condominio. Avevano bilanci di 15 o 20mila euro all’anno e ora si trovano a trattare milioni. La notizia degli arresti fa danni gravissimi. Ma una banda di ladri non può rovinare una città già allo stremo. Se ne sono andate via 18.000 persone su 60.000. Gli studenti erano 30.000 e ora sono 18.000».
SENZA CIMITERO
Nelle new town ci sono 11.894 persone, nei map 2.474, i contributi per sistemazione autonoma sono 4.705. La città schiaffeggiata dai truffatori vuole reagire. «Le truffe e la corruzione — dice Giustino Parisse, il giornalista de Il Centro che nella sua Onna ha perso i due figli e il padre — sono offese gravissime, anche perché, fuori dall’Aquila, ci indicano al disprezzo di tutti. Dobbiamo trovare la forza di far sapere che non siamo tutti così. Non sono pochi quelli che hanno perso la memoria. Si sono dimenticati dei 309 morti. Non abbiamo nemmeno un luogo per piangerli, perché il cimitero monumentale non è stato restaurato. E invece bisogna pensare a loro, anche quando si ricostruisce, per costruire case sicure. Devi pensare ai morti quando chiedi i soldi, così chiedi il giusto. E all’aquilano che vuole fare cose illegali, do solo un consiglio: si fermi un minuto davanti alla Casa dello Studente. Un minuto soltanto».


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