by Sergio Segio | 23 Gennaio 2014 10:48
BRUXELLES — Preoccupata di non danneggiare la competitività della propria industria già provata dalla crisi, la Commissione europea ha presentato ieri il nuovo pacchetto energia indicando obiettivi relativamente modesti di riduzione delle emissioni nocive e di potenziamento delle energie rinnovabili. I nuovi traguardi da raggiungere entro il 2030 saranno un taglio dei gas a effetto serra del 40% rispetto ai livelli del 1990 e una percentuale di fonti di energia rinnovabili pari al 27% della produzione complessiva. Si tratta di obiettivi in linea con la curva di riduzione già esistente e che non dovrebbero richiedere un significativo impegno supplementare. L’Ue ha già ridotto le proprie emissioni del 18% e, senza ulteriori misure, raggiungerebbe un taglio delle emissioni pari al 32% nel 2030: lo sforzo aggiuntivo è dunque pari ad un modesto 8%. Quanto alla quota di energie rinnovabili, spiega la Commissione, l’obiettivo del 27% non dovrebbe porre seri problemi perché sarà il risultato naturale dell’impegno a ridurre le emissioni nocive.
Nonostante la scarsa ambizione, il nuovo pacchetto energetico ha dovuto superare forti resistenze in seno alla stessa Commissione, e non avrà certo vita facile quando sarà sottoposto all’esame dei governi nazionali, che dovrebbero approvarlo al prossimo vertice del 20 e 21 marzo. Numerosi commissari guidati dal responsabile dell’Energia, il tedesco Gunther Oettinger, avrebbero voluto limitare i tagli delle emissioni al 35%, e la commissaria all’ambiente, Connie Hedegaard, ha dovuto faticare parecchio per far passare la soglia del 40%. Anche per l’aumento delle energie rinnovabili la battaglia è stata dura e le forti pressioni della Gran Bretagna e della Spagna, contrarie alla definizione di una quota vincolante, si sono fatte sentire. Alla fine è passata l’idea di compromesso di fissare comunque un obiettivo obbligatorio del 27% per l’Ue, ma di non stabilire quote nazionali contrariamente a quanto fatto finora. Resta da capire come si potrà raggiungere il target comune se nessun Paese sarà obbligato a raggiungere un determinato obiettivo.
Le organizzazioni ambientaliste hanno criticato duramente la proposta della Commissione considerandola insufficiente. Per raggiungere l’obiettivo di lungo termine di una riduzione delle emissioni del 95% entro il 2050, sostengono gli esperti ecologisti, si sarebbe dovuto fissare un target variabile dal 50 al 55% per il 2030. Ma la preoccupazione di non danneggiare troppo la competitività dell’industria europea ha prevalso. «I prezzi dell’energia sono notevolmente aumentati in quasi tutti gli Stati membri a partire dal 2008, soprattutto a causa di imposte e tasse, ma anche dei maggiori costi di rete. Il confronto con i partner internazionali evidenzia un aumento dei differenziali di prezzo, in particolare con i prezzi del gas negli Usa, che potrebbe minare la competitività’ dell’Europa, segnatamente per le industrie ad alta intensità energetica», scrive la Commissione. Secondo il presidente dell’esecutivo comunitario, José Manuel Barroso, gli obiettivi fissati ieri sono «ambiziosi ma realistici».
La nuova strategia dell’Europa, che emette solo l’11% dei gas ad effetto serra riversati nell’atmosfera, sarà confrontata con la conferenza mondiale sul clima che si terrà nel 2015 a Parigi. Sarà in quella sede che Bruxelles dovrà ottenere dai «grandi inquinatori », soprattutto la Cina e gli Stati Uniti, impegni analoghi sul taglio delle emissioni nocive.
* per un’agitazione decisa dal Comitato di redazione i giornalisti di Repubblica si astengono dalla firma
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