La resurrezione di Silvio che fa infuriare la sinistra
Tra le varie rivelazioni a sfondo mitologico che Berlusconi ha sparso a piene mani su di sé per un ventennio e passa, questa faccenda dell’autocombustione non dovrebbe rivelarsi poi così complicata disponendo egli, nientemeno, che del “sole in tasca”.
QUANTO ai rametti profumati, incenso, cardamomo e altre odorose piante comunque reperibili nelle famose coltivazioni di Villa La Certosa, con il senno di poi è da ritenere che il Cavaliere le abbia condivise, in attesa della rigenerazione, dentro un nido abbastanza, ma non troppo affollato: famigliari e vecchi amici d’azienda; poi l’Orco Verdini, la Pitonessa e le Amazzoni, sia pure intermittenti; stabili al suo fianco e strenuamente fedeli dinanzi al rogo Mariarosaria Rossi, Francesca e Dudù. E così l’altroieri l’Araba Fenice di Arcore è risorta dalle proprie ceneri.
Sarà la terza o la quarta volta. Annotino la data i frettolosi biografi spalmando chiara d’uovo o altri più evoluti unguenti sulle ripetute scottature. Berlusconi è sempre lì. E’ rientrato in scena in automobile con sei coreografiche guardie del corpo che la circondavano, facendo deviare il traffico intorno al Nazareno. Poi ha diffuso un video, con la solita saliera d’argento sulla scrivania e le bandiere alle spalle. Molto responsabile, modello Padre della Patria. Se questo è un condannato, veniva da pensare,
se questo è un pregiudicato, un colpevole, un parlamentare decaduto, un uomo politico alla fine del suo ciclo, un uomo con un piede già dentro i Servizi sociali, beh, giù il cappello lo stesso.
S’è detto dei biografi e di almeno due generazioni di giornalisti e di politici che costantemente e sistematicamente, dal 1995 al 2000, poi nel 2006, quindi dopo l’ultimo disastroso governo, hanno descritto e scommesso sulla fine di Berlusconi, per poi ricredersi. Ma considerato che la nuova vita del personaggio ha ripreso forza ed energia e dinamismo e centralità proprio sull’ineffabile tema della riforma elettorale, varrà qui la pena di segnalare che nel febbraio del 2011, richiesto di un parere sul destino del Cavaliere, l’esimio professor D’Alimonte, cioè l’odierno consigliere di Matteo Renzi sull’argomento, si espresse al riguardo con la pur cauta, ma lapidaria previsione: “Può succedere che si autoelimini”.
Non sempre, purtroppo, la storia è maestra di cronaca. Indro Montanelli aveva ribattezzato Fanfani “Il Rieccolo”. Lo stesso Fanfani, fissato come tutti i democristiani della sua generazione al calendario liturgico, sosteneva che dopo la Quaresima c’era la Resurrezione, e non per caso una delle biografie del leader aretino, altrimenti detto per la sua instancabile vigoria “il motorino”, la biografia dedicatagli da Renato Filizzola (Editalia, 1988), ha come sottotitolo: “Quaresime e Resurrezioni”, al plurale.
Sempre Montanelli, parecchi anni dopo, fece riferimento al fenomeno Berlusconi come a una patologia. Dalla quale gli italiani si sarebbero liberati, finalmente sani, solo dopo averla sperimentata sulla loro pelle. Anzi, per l’esattezza, dopo essersene vaccinati. L’immagine era come al solito così felice che è impossibile dimenticarsene. Ma nella realtà, oggi, uno è autorizzato a porsi qualche interrogativo supplementare sul vaccino e la sua ormai pressoché acclarata inefficacia.
L’altroieri Capezzone e Gelmini hanno cantato la nascita della Terza Repubblica e la Pacificazione. All’acme del détournement promozionale, l’onorevole Ravetto ha addirittura fatto suo, invertito e distorto ai suoi fini lo slogan creato per Renzi dall’agenzia Proforma sottolineando che all’indomani del patto del Nazareno l’Italia “cambia verso”. Ieri Silvione, lallo lallo, ha spiegato che grazie alla nuova legge che stanno intrugliando con Matteuccio, alle prossime elezioni il 51 per cento è per Forza Italia un obiettivo anche ragionevole.
In ogni caso lui resta nel gioco. Forse perché — strano destino — è lui stesso divenuto il gioco, nel senso che ormai anche gli avversari hanno introiettato e perfino incorporato il suo gioco. O almeno. Rispetto a Fanfani, al fulmineo e toscanissimo soprannome montanelliano e a quelle altre immagini di conio pseudooratoriale, è quasi ovvio che l’incessante alternarsi di false cadute e perenni ripartenze entra d’impeto nell’area del mito; quale è appunto quello dell’Araba Fenice come lo racconta Erodoto, per cui al dunque in Berlusconi la risurrezione coincide con l’immortalità e la volontà di sopravvivenza con la rinascita ciclica. E qui forse ci sta un pensierino per il povero don Verzé che con la sua medicina predittiva intendeva farlo vivere fino a 120 anni.
Va da sé che in tutto questo i soldi, tanti, non guastano. Ma l’esperienza conferma che nell’eterna palingenesi berlusconiana gli avversari giocano un ruolo fondamentale. Al solito si ondeggia fra risate e catastrofe. “Ha le orge contate” diceva Benigni. “Ho troppi impegni — rispondeva lui — per il mio funerale”.
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