La prova di forza dei piccoli partiti a rischio estinzione

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ROMA — I piccoli partiti, ma anche il Nuovo centrodestra di Alfano, si preparano alla prova di forza sulla legge elettorale — il cui approdo in Aula alla Camera slitta comunque dal 27 al 29 gennaio — che ora potrebbe favorire la nascita di un robusto cartello (Sinistra e libertà, Centro democratico, Udc, Scelta civica, popolari per l’Italia, Lega, Fratelli d’Italia) capace di dare filo da torcere all’asse Renzi-Berlusconi. Il motivo è semplice. I «piccoli», per spirito di sopravvivenza, fanno fronte comune contro una legge disegnata dal Pd e da FI per favorire i «grandi»: i «piccoli» non accettano di ridurre il proprio ruolo a quello di «portatori d’acqua» per consentire ai «grandi» di accaparrarsi il premio di maggioranza per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano, senza neanche un seggio in Parlamento. La legge Renzi-Berlusconi prevede infatti che i voti raccolti da un partitino posizionato sotto la soglia di accesso, fissata al 5%, possano concorrere a far scattare il premio di maggioranza anche se poi non si traducono in seggi parlamentari per il gregario che porta acqua al capitano.
Resta da vedere se il fronte dei «non allineati» si salderà con i grillini e se verrà in qualche modo favorito dall’opposizione interna del Pd. Però, pur tra mille distinguo, si è già avuto un assaggio dell’onda montante. Pierferdinando Casini ha annunciato quale sarà la sua battaglia: «Proporremo le preferenze perché i parlamentari vengano scelti dai cittadini e non dai partiti». Il senatore a vita Mario Monti, fondatore di Scelta civica, preferisce rinviare il giudizio ma il segretario del suo partito, Stefania Giannini, dice che «bisogna quantomeno alzare la soglia di accesso al premio di maggioranza, dal 35% al 40%». Identica la valutazione di Roberto Calderoli («In una prima stesura qualcuno aveva addirittura pensato al 33%…») mentre Umberto Bossi, presente ieri alla Camera, preferisce «commentare quando ci sarà un testo». Nichi Vendola parla di «ingordigia e bulimia dei grandi partiti»: «Un partito del 3% può consentire a una coalizione di vincere e prendere il premio di maggioranza, ma quel partito non deve avere rappresentanza in Parlamento». Lorenzo Dellai (Per l’Italia) ha rappresentato «l’esigenza di un secondo turno obbligatorio» e il «pericolo del combinato disposto» delle soglie che penalizza i piccoli.
Perfino Enrico Costa, capogruppo del Ncd di Alfano, è stato chiaro: «Se il sistema spagnolo era un omicidio questa legge è un tentato omicidio perché quando Verdini fa i suoi interessi non guarda in faccia nessuno, e non considera neanche le sentenze della Corte». In prima commissione (Affari costituzionali), dopo mesi di assenza, è piombato pure Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia): «Non possiamo proporre ancora una volta un Parlamento di nominati… Rivendichiamo la scelta delle preferenze e io dico che se Renzi doveva convincere Verdini è finita che Verdini ha convinto Renzi. Questa legge è un Porcellum, più di prima…». Gennaro Migliore, il braccio destro di Vendola, segnala un problema di «carattere democratico»: «Siamo una forza che vuole fare coalizione ma siamo preoccupati perché lo sbarramento all’8% tiene fuori dal Parlamento anche chi raccoglie 3 milioni di voti». Francesco Storace (La Destra) è pessimista anche se «questa legge offrirebbe l’occasione per ripresentare il simbolo di An». Mentre Pino Pisicchio (Centro democratico) osserva che la «partita delle preferenze è irrinunciabile».
Dunque, l’atterraggio alla Camera dello schema di legge Renzi-Berlusconi è stato pesante. In commissione, il ministro Gaetano Quagliariello ha sposato le ragioni dei «piccoli», segnalando che un partito del 21-22% può ottenere il premio, che lo porta al 55% dei seggi, se tre dei suoi alleati si attestano di poco sotto la soglia di sbarramento del 5%. Oggi alle 14 il relatore Sisto dovrebbe produrre il testo base in commissione su cui presentare gli emendamenti: quello sui «portatori d’acqua» è pronto ed è molto gettonato. Prevede che i voti dei «piccoli» concorrano al conseguimento del premio da assegnare al «grande» solo se i gregari superano lo sbarramento.


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