La lobby militare: diecimila soldati nel dopo-2014

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La lobby mili­tare Usa preme sul pre­si­dente e lan­cia l’opzione «10mila sol­dati» nel dopo 2014. Non uno di meno. È quanto sarebbe emerso in una riu­nione tra uomini del Pen­ta­gono e Natio­nal Secu­rity Coun­cil, da un’indiscrezione del Wall Street Jour­nal, che rife­ri­sce di un incon­tro della set­ti­mana scorsa in cui l’esercito avrebbe avan­zato la sua pro­po­sta: 10mila sol­dati non uno di meno dal 2014 sino al 2017, anno di fine man­dato di Obama che potrebbe ridurre entro quella data il numero dei mili­tari a zero e uscire così, a testa alta, dalla guerra che peg­gio ha sop­por­tato.
Per il gior­nale il numero sarebbe defi­ni­tivo e ino­pi­na­bile a detta di Joseph Dun­ford, coman­date in capo sia Usa sia Isaf in Afgha­ni­stan, che si aspetta un con­tri­buto Nato di altri 2-3mila sol­dati. Fine dun­que del rim­pallo di numeri (3–6-9mila) di cui si era discusso finora. Dun­ford, che avrebbe l’appoggio del tito­lare della Difesa Chuck Hagel e del capo di Stato mag­giore Mar­tin Demp­sey, oltre­ché – dice sem­pre il Wsj – del Dipar­ti­mento di Stato e della Cia, avrebbe detto chiaro che o i sol­dati saranno 10mila o è meglio che gli Usa riti­rino tutti i mili­tari a fine 2014 (ora sono 37mila, desti­nati a scen­dere entro feb­braio a 32mila, con l’appoggio di circa 19mila mili­tari Nato). I die­ci­mila uomini sono neces­sari, per il Pen­ta­gono, a difen­dere le basi mili­tari che l’Accordo di par­te­na­riato (non ancora fir­mato da Kar­zai) garan­ti­sce a Washing­ton, e a soste­nere atti­vità anti­guer­ri­glia. Per fare il trai­ning dei sol­dati afghani e per garan­tire la rete di spio­nag­gio ame­ri­cana in Afgha­ni­stan.
Intanto i tale­bani hanno rispo­sto con un totale diniego alla recente richie­sta degli Stati uniti di deporre le armi e di aprire il nego­ziato di pace. La rispo­sta è postata sul sito della guer­ri­glia in cui si riven­dica la strage alla taverna du Liban a Kabul, la prima azione stra­gi­sta con­dotta espres­sa­mente con­tro civili stra­nieri in un locale pub­blico fre­quen­tato da inter­na­zio­nali. I tur­banti pro­met­tono altre azioni simili.
Sulla situa­zione nel Paese si esprime nega­ti­va­mente l’ultimo rap­porto di Human Rights Watch che punta l’indice sulla con­di­zione fem­mi­nile, peg­gio­rata nel 2013: è stato ridotto il numero di posti riser­vati alle donne nei 34 con­si­gli pro­vin­ciali del Paese (per cui si vota in aprile); il mini­stero della Giu­sti­zia ha aggiunto una dispo­si­zione al codice penale che vieta la testi­mo­nianza da parte di fami­liari, il che rende più dif­fi­cile per­se­guire i col­pe­voli di abuso dome­stico e nei casi di matri­mo­nio pre­coce o for­zato; è bloc­cato in par­la­mento il decreto per l’eliminazione della vio­lenza con­tro le donne (legge Evaw), deciso da Kar­zai nel 2009 ma non ancora licen­ziato come legge: il decreto rimane in vigore, ma sul piano ope­ra­tivo la sua forza inno­va­tiva risulta inde­bo­lita. Il rap­porto denun­cia infine le tante aggres­sioni fisi­che nel 2013 con­tro per­so­naggi pub­blici fem­mi­nili, anche con omi­cidi mirati.


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