by Sergio Segio | 24 Gennaio 2014 14:02
Basterebbe sospendere il congresso per non più di venti giorni, e in questo periodo fare la consultazione. Ci hanno detto che non è possibile. Invece io penso che si debba continuare a chiederlo”. Maurizio Landini chiama ancora all’azione una Fiom che in Toscana, a giudicare dai ripetuti applausi corali, non si tira indietro. Perché al di là dei giudizi dei dirigenti e dello stesso Direttivo della Cgil, il Testo unico sulla rappresentanza deve essere discusso, valutato e votato da tutti gli iscritti al sindacato. “Ci dicono che è solo un regolamento attuativo – spiega nella grande e stracolma Casa del popolo di San Bartolo a Cintoia — e quindi non c’è bisogno di consultazione. Ma non è così: è un nuovo accordo, non per caso è stato chiamato ‘Testo unico’, che vincola tutti i firmatari e cancella il diritto di esistere a chi non lo firma. Per questo, come scritto nello Statuto della Cgil, deve essere sottoposto al voto dei lavoratori”.
Nel giro d’Italia che sta impegnando il segretario generale, all’ordine del giorno delle assemblee di quadri e delegati metalmeccanici c’è il “contributo programmatico” della Fiom per il congresso Cgil. Ma l’appuntamento fiorentino, che ha richiamato 500 tute blu dai vari angoli della regione, si trasforma subito in una discussione per approfondire, e poi contestare, il Testo unico sulla rappresentanza. Con una omogeneità di pareri che in Toscana, dove l’ala “riformista” della Fiom è forte, appare un’assoluta novità.
Aggravata dall’ormai storica assenza di politiche industriali nazionali, la crisi porta i delegati a raccontare i problemi delle loro fabbriche. Si va dalla Breda di Pistoia alla Pirelli di Figline, dalle Acciaierie di Piombino alla Targetti di Firenze, dalla Shelbox di Castelfiorentino agli stabilimenti già chiusi o in crisi aperta sulla costa apuana e livornese. Con le conseguenti, naturali difficoltà nell’affrontare certi temi con compagni di lavoro appesi al filo di contratti di solidarietà, casse integrazioni a rotazione e perfino mobilità presenti e future.
Eppure non uno rinuncia a dire la sua sul Testo unico: “Già era difficile convincere a impegnarsi – ricorda un delegato – ora con le sanzioni sarà impossibile”. A ruota: “Si firma come fanno Cisl e Uil, senza discutere con nessuno”. E Marcello Corti, ex segretario della Fiom fiorentina: “Non esiste fare un passaggio del genere senza il confronto fra i lavoratori”. Anche perché nel Testo unico se ne scoprono sempre di nuove. Come l’eliminazione delle strutture territoriali nella firma degli accordi nelle singole fabbriche. Con la conseguenza che una Rsu, di fronte alla minaccia di una delocalizzazione, può firmare accordi in deroga allo stesso contratto nazionale.
Al termine Landini tira le fila: “Se passa la logica alla base del Testo unico, si modifica la natura stessa del sindacato. Negli accordi del giugno 2011 e del maggio scorso non ci sono le sanzioni, non c’è l’arbitrato interconfederale, non ci sono le limitazioni dell’attività sindacale. Così si viola l’autonomia negoziale delle categorie. Invito a leggere il documento Cgil che spiega perché nel 2009 il sindacato non firmò l’accordo con Cisl e Uil: io sono ancora lì, qualcuno mi deve spiegare perché ha cambiato idea. E ancora non so cosa ne pensano alcune categorie, so solo cosa pensano alcuni segretari generali”. Alla richiesta del voto dei tesserati Cgil per approvare o meno il Testo unico, si accompagna un’azione parallela: “Alle assemblee si votino emendamenti per chiedere il ritiro della firma sul Testo unico e la consultazione degli iscritti. Perché già si dice che sarà portato al congresso, senza che sia previsto dal regolamento, per votarlo solo lì. Una furbata”.
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