In rete va in scena il vertice di Renzusconi
O UN’EVAPORAZIONE di concetti contorti, o un addensarsi di immagini che parlano da sé, insomma, questo getto, questo scolo, questa disseminazione di parole non finisce affatto, è iniziata prima ancora che i due leader si vedessero e ora che l’incontro è finito prosegue sotto la specie #renziberlusconi e anche sotto quella, invero già meno asettica e più iniziatica, comunque battezzata #enricostaisereno.
Là dove Enrico sarebbe Letta, come lo chiama Renzi per rassicurarlo, non dovrebbe stare per niente sereno perché è chiaro che Matteo, insieme al Cavaliere, lo
vuole far fuori.
E dunque: “Apicella non c’è?”. Ma gli eventi che si consumano ieri al Nazareno sono “le merende eleganti”. Scrive uno: “Silvio porta le amiche”. Commenta un’altra: “Già lo vedo che dà consigli sull’arredamento”. Intima un altro ancora: “Perquisitelo prima che entri”. Tutto al di là non si dice qui della politica, ma del tempo, dello spazio, delle relazioni e dell’immaginazione. Non era mai accaduto, a memoria di osservatore, che un passaggio di questa portata simbolica — e solo tra un po’ si potranno poi discuterne gli effetti concreti — sia andato in scena con un così massiccio contrappunto di… ecco, qui è difficile definire cosa sono i tweet.
Interazioni? Vibrazioni? Sberleffi?
Fiotti emozionali? Rivolgimenti onirici? Forse è ancora troppo presto per i sociologi. I giornalisti politici, d’altra parte, stanno cominciando a farci il callo. Dice Renzi, al quanto immusonito, “Profonda sintonia”. E subito una gli fa l’eco musicale: “Sintonia, sintonia canaglia”. E come in un inseguimento senza respiro un altro immediatamente propone, sempre su questa benedetta profonda sintonia: “Ok, sprofondiamoli sintonizzati”.
E per favore, non la si chiami, pigramente, ironia. Non si scomodi l’antica “eironeia” socratica. Questa si twitter è molto di più, è molto di peggio, o di meglio, dipende, “oh yeah”. E’ diabolica elusione, sconsolata diserzione, efficacissima ricreazione, nel duplice senso di divertimento, ma anche di ricreare, ossia acchiappare un dato della realtà, un evento, una parola, una immagine, e ricostruirle da capo, però piegandole ai propri fini, anzi storcendole in una direzione irreale, ma con l’aria che tira mica tanto.
Per esempio: “Il Pd ha finalmente superato l’ossessione dell’antiberlusconismo ed è passato direttamente al berlusconismo”. Sembra di rivivere certi spunti degli Indiani metropolitani (“Do you remember? Oh, yeah”) nel Movimento del Settantasette: “Il CC del Pci ha deciso di votare Dc”. Come pure sembra di cogliere una certa sottigliezza storica nella seguente e sintetica considerazione dispensata al termine del colloquio segreto tra Renzi e Berlusconi: “Una grande alleanza di governo. Una grande alleanza di opposizione. Modello italiano, inimitabile”.
Perché davvero l’ironia non basta a spiegare, né la sociologia, né il giornalismo, e soprattutto è ancora troppo presto anche solo per immaginare cosa porterà, anzi a cosa porterà questo bricolage che incendia la rete, questo tripudio ludico che ingolfa lo scenario della cosa pubblica di euforie, eccitazioni, effervescenze, vibrazioni; e poi anche di connessioni, contagi, piaceri, incantesimi e zampillanti mitologie da prendersi con le pinze. Lungi dall’elaborare prospettive programmatiche che superino la durata di una settima, ci si limita a riconoscersi in questo o quel tweet: “A marzo partiranno i lavori per la nascita di Firenze2”. Come pure, sui piccoli incidenti che hanno anticipato l’arrivo dell’auto di Berlusconi con la scorta che procedeva a Bagdad: “Tirato l’uovo, ma la frittata è fatta”.
Come se la parte in ombra della società, la pancia maledetta e decisiva, avesse trovato di colpo un modo di “presentarsi” ormai al di là di qualsiasi rappresentanza e rappresentazione — sia quella politica tradizionale, dunque, sia quella degli spettacoli politici di cui proprio Berlusconi e Renzi, le più intense e aggiornate maschere del potere a disposizione, rappresentano l’alfa e l’omega.
E addio, francamente, a qualsiasi spiegazione che tiri in ballo, dinanzi a questo profluvio di performance comunicative, pratiche reticolari, nebulose affettive, gioie tragiche e invocati malanni perfino corporali (“voltastomaco”, “coliche”, “sbocchi di fiele”), insomma, si tolga di mezzo il concetto così novecentesco di partecipazione. Perché questa che ti arriva addosso è anch’essa molto di meno e molto di più, della vecchia e cara partecipazione, è peggio o meglio, dipende. Ma intanto il palcoscenico — altro che le nuvolette del Cavaliere e gli attrezzi vintage di Renzi — si fa notare per il cumulo di rovine. Non è questa la prosecuzione della vecchia politica con altri mezzi tecnologici, è uno strappo, è una consumazione, è un carnevale un po’ cannibale e un po’ creativo.
Troppo difficile, in ogni caso, capire cosa abbia mosso questo tweet ai limiti della blasfemia: “Renzi da Nazareth a tavola con pubblicani e prostitute. Vediamo se a Pasqua la base lo crocifiggerà”.
Sembra, se proprio occorre trovare qualche riferimento, la vendetta delle avanguardie del secolo scorso che si sono fatte cultura, ma anche con qualche ricaduta nella porno-cultura con legittimazione anonima o mascherata. Colpiscono le foto dietro cui si raffigurano gli utenti: Salvator D’Alì, Calvino, un certo Renzo Mattei, un finto Kuperlo, perfino un redivivo Cossiga che si firma Franc’Esco.
Nel merito, a voler classificare l’incandescente materiale si capisce che un terzo, grosso modo, invoca lo scandalo di un incontro che non ci sarebbe dovuto essere.
Un altro terzo — ma la suddivisione è affrettata — cerca di mettere in luce l’incoerenza di Renzi che aveva detto le peggio cose di Berlusconi. Infine un terzo che gioca e si gioca con disperata euforia il tema del connubio, del matrimonio, della fusione, dell’ibridazione. In questo senso le immagini annichiliscono senz’altro le parole. Il “Renzusconi”, mostruosa creatura rubizza, non ne ha proprio bisogno. E preziose elaborazioni grafiche del simbolo del Pd con dentro il Biscione ammettono che il marketing può mangiare se stesso, e forse è fatale che chi scommette sullo spettacolo dei consumi è da questo che deve guardarsi le spalle, e arrivederci al prossimo tweet.
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