by Sergio Segio | 15 Gennaio 2014 11:50
Oggi, anche in alcuni dei regimi più repressivi del mondo, i cittadini si portano dietro la tecnologia che serve per comunicare, moderni strumenti che permettono loro di trasmettere idee e informazioni attraverso i confini interni ed esterni alla nazione. Tv satellitari, cellulari con fotocamera, Facebook, YouTube e Twitter hanno decentralizzato l’accesso all’informazione e hanno dato più forza all’individuo.
Ma questa battaglia appartiene al passato. Nel 2014, la corsa per il controllo delle comunicazioni e dell’informazione entrerà in una fase nuova. Gli Stati stanno adesso imparando — alcuni più velocemente di altri — che è più efficace sfruttare il flusso di informazioni piuttosto che bloccarlo, e i governi stanno rispondendo alla rivoluzione tecnologica con una «rivoluzione dei dati», che consente alle autorità di passare dalla difesa all’attacco nella lotta contro quelle che avvertono come minacce.
In sintesi, il traffico di dati e di contenuti generato a livello mondiale da email, ricerche online e acquisti, e le firme elettroniche contenute in tutti quei testi e tweet possono essere associati in tempo reale e immagazzinati in un unico sistema centrale. Chi ha accesso a quei dati — e alla tecnologia per organizzarli e utilizzarli — ha in mano qualcosa di incredibilmente prezioso.
Prima erano le grandi multinazionali (soprattutto occidentali) a possedere quasi tutti questi dati, e li usavano per fare soldi. Ogni nuova pubblicità pop-up ci ricordava che i dati che generiamo rivelano qualcosa di noi e aiutano chi li estrae a convincerci con annunci personalizzati. Il predominio di Google nell’universo delle ricerche online lo ha trasformato in una fonte eccezionale di ricavi pubblicitari. Facebook è diventato una riserva di informazioni sui gusti e sugli interessi della gente che ha raggiunto livelli senza precedenti nella storia dell’umanità. In un certo senso, i veri clienti di Facebook sono gli inserzionisti, e gli utenti dell’azienda, oltre un miliardo, sono il suo prodotto.
Dal momento che l’uso che facciamo di questi siti rivela qualcosa in più su chi siamo, cosa pensiamo e cosa vogliamo, l’analisi dei dati si è trasformata in una fonte di interesse ancora maggiore. E non solo per le imprese che sperano di conquistarsi una quota di mercato. Certo, fornire così tanti dati a chi ci tratta da consumatori può minare la nostra privacy. Ma passare quelle informazioni ai governi, a chi ci considera cittadini, elettori, grandi ispiratori o grandi piantagrane è tutta un’altra storia.
Ogni governo proverà a utilizzare questo materiale a modo suo. Sia nei Paesi industrializzati che in quelli emergenti ci saranno idee differenti su come si dovrebbero usare le informazioni, ma ovunque ci sarà il rischio di abusi di potere, e man mano che gli Stati diventeranno più coinvolti nella raccolta di dati, le autorità esigeranno il massimo controllo su tutto ciò che, secondo loro, potrebbe essere importante per (quella che ritengono) la sicurezza nazionale.
Google ha subito numerosi attacchi agli account Gmail di presunti dissidenti cinesi: attacchi ideati — o almeno consentiti — dalle autorità in Cina. Ma la denuncia di un enorme programma di sorveglianza americano, creato dall’Agenzia per la sicurezza nazionale per raccogliere informazioni sugli utenti stranieri di popolari servizi online, ci ricorda che tutti i governi stanno accumulando dati per proteggersi da ogni genere di presunta minaccia.
In tutto il mondo la sfida sarà tra una rivoluzione delle comunicazioni, che dà più forza all’individuo, e una rivoluzione dei dati, pensata per proteggere gli interessi dello Stato. Questa lotta, naturalmente, si manifesterà in modo diverso a seconda dei Paesi. Non tutti si dimostreranno in grado di ricavare dati: in questo campo, alcuni di loro otterranno gli stessi risultati deludenti che hanno in altri settori del governo.
Gli Stati più grandi e con una politica più efficiente, però, avranno molto più successo. Anche se — e la decisione dell’ex dipendente della Cia Edward Snowden di rivelare il programma di sorveglianza della Nsa lo ha dimostrato — lo spionaggio finanziato dai governi può essere la prova che un segreto di Stato è difficile da mantenere quanto qualunque altro segreto, soprattutto in una società aperta e con una stampa libera.
Sia i governi autoritari che quelli democratici ritengono che sia sempre più importante migliorare la propria abilità nello spiare i cittadini, assicurarsi di avere gli strumenti per proteggere la sicurezza nazionale e (in alcuni casi) mantenere l’ordine. Molti di quei governi obbligheranno le imprese che investono nei loro Paesi ad aiutarli a realizzare i loro obiettivi o a cedere quote di mercato alle altre imprese disposte a farlo.
Ecco perché Internet e la sua gestione stanno passando improvvisamente e in modo drammatico da un settore open source, governato dal basso, a un settore «strategico» guidato dall’alto. Nel 2014 Internet sarà sempre più frammentato. In molte delle principali economie mondiali, le aziende nazionali di spicco e leali al governo diventeranno gli attori predominanti nei segmenti che dipendono dai dati, e fare affari costerà caro per le imprese concorrenti che sono più internazionali (o che vogliono diventarlo). Dal momento che la cyber-sicurezza rappresenterà una debolezza ancora più evidente e la cyber-supremazia un’opportunità economica ancora più golosa, questo problema non farà che aumentare.
Dicono che «su Internet nessuno sa che sei un cane». Ora i governi sanno che razza di cane sei, a che ora fai la tua passeggiata e qual è la tua marca preferita di bocconcini. Nel 2014, con il coinvolgimento maggiore degli Stati nel controllo dei dati, creare un mondo in cui cane mangia cane sarà più facile.
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