Il leader pd insiste per la svolta radicale: non ci interessa sostituire ministri

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ROMA — La verità è che, come dice un amico romano di Renzi, «tra Matteo ed Enrico siamo ancora al carissimo amico». Il che significa che quando il sindaco di Firenze ha varcato la soglia di Palazzo Chigi a oggi non è successo nulla di decisivo. Tradotto: alla domanda del segretario del Partito democratico — «Che cosa intendi fare per dare una svolta a questo governo?» — il presidente del Consiglio non ha ancora risposto.
E nell’attesa che si decida a farlo, scrutando le mosse di Palazzo Chigi, i sostenitori del leader del Pd, temono che, alla fine della festa tutto si risolva in un rimpasto. Parola che Matteo Renzi ha in spregio e che ha anche invitato a non pronunciare più: «Chi parla di rimpasto è un cretino, è una voglia che non capisco proprio», ha detto ai suoi il primo cittadino del capoluogo toscano. Ma la preoccupazione dei renziani è che sia invece proprio questo l’obiettivo di Enrico Letta: un rimpasto per cercare di imbrigliare il segretario e di costringerlo a sostenere il governo a tutti i costi. «A noi non conviene, ma lui lo farà, vedrete», è la frase che si sente pronunciare più spesso nello staff del sindaco di Firenze.
Del resto, sarebbe il modo per vincolare Renzi al governo. Quel Renzi che non si stanca mai di ripetere: «Io sono altro rispetto a Letta e ad Alfano. Posso farci un accordo, ma non sono come loro. E vorrei che questo fosse chiaro». È perciò che finora il segretario del Partito democratico si è sempre sottratto alle «photo opportunity» con il presidente del Consiglio e il suo vice. È per la stessa ragione che l’altro giorno ha preferito andare a Palazzo Chigi di mattina presto, in un orario in cui era sicuro di non farsi sorprendere da giornalisti, telecamere e fotografi.
«Niente vecchie liturgie»: è una frase che il primo cittadino di Firenze ha ripetuto un’infinità di volte. E c’è da stare certi che continuerà a farlo. Non appartiene infatti a questi riti l’incontro che il segretario del Pd avrà oggi con i capigruppo del Partito democratico nelle Commissioni parlamentari di Camera e Senato. Quello è un appuntamento che ha uno scopo ben preciso: Renzi vuole che ognuno di loro gli faccia l’elenco dei provvedimenti che sono in lavorazione, per contribuire a quello che lui stesso ha definito nell’intervista al Corriere «il file Excel per il patto di governo». Patto che verrà scritto in un secondo tempo. Dopo che il segretario avrà incontrato domani i senatori e riunito per giovedì 16 la Direzione. Forse all’indomani di questi appuntamenti il leader del Partito democratico varcherà di nuovo la soglia di Palazzo Chigi. Ma non è affatto detto che quello sia l’incontro decisivo con Letta. Potrebbe essercene un altro a fine mese, prima che il presidente del Consiglio vada a Bruxelles e dopo che il leader avrà visto, il 21 gennaio, i deputati del Pd per capire quali siano i loro umori e se intendano mettersi di traverso alle sue decisioni.
D’altra parte, Renzi si è lasciato un po’ di giorni prima di stringere sul contratto che il premier vuole assolutamente firmare con lui: «Abbiamo due settimane di tempo per capire se Alfano fa sul serio sulla legge elettorale». Già, Renzi vuole capire quali siano le vere intenzioni del Nuovo centrodestra prima di sottoscrivere qualsiasi cosa, perché di Angelino Alfano e Gaetano Quagliariello non è che in verità si fidi più di tanto. Poi deciderà il da farsi. Non solo per quello che riguarda il programma del 2014. Ma anche per il rimpasto che vede profilarsi all’orizzonte con un certo sospetto.
Insomma, per farla breve, assicurano i suoi, se rimpastino avrà da essere, il segretario non potrà impedirlo, perché queste sono scelte che riguardano il premier e il presidente della Repubblica, però di sicuro potrà dire, anche pubblicamente, che lui e il suo partito non intendono essere coinvolti in operazioni di questo tipo. A meno che non prenda il via «una nuova fase», per la legislatura, per il governo e per il Parlamento. Quell’«accelerata» che Renzi ha chiesto a Letta. Altrimenti, per dirla con un’esponente della nuova segreteria, Pina Picierno, non è opportuno proseguire i lavori in corso: «Questo governo va avanti se fa delle cose, sennò è meglio che vada a casa».
Maria Teresa Meli


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