Il Dap dei veleni. Placati. Pressing sul piano carceri

by Sergio Segio | 14 Gennaio 2014 9:41

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Nel toto nomi dei silu­ra­bili c’è chi ci mette anche il suo. Ma la mini­stra Anna­ma­ria Can­cel­lieri ieri non sem­brava molto pre­oc­cu­pata dello sce­na­rio di un pos­si­bile rim­pa­sto di governo: «Sono cose che non mi appar­ten­gono; decida la poli­tica», ha rispo­sto a chi le chie­deva se si sente a rischio. E in effetti a parte il dato ogget­tivo che un Guar­da­si­gilli non si sosti­tui­sce a cuor leg­gero e un ritorno alle camere per un voto di fidu­cia non è ancora pro­prio all’orizzonte, Can­cel­lieri ieri aveva una sola pre­oc­cu­pa­zione: ricu­cire lo strappo – media­tico più che reale, lan­ciato dal sito di Dago­spia — che si è aperto sabato scorso tra il suo dica­stero e il ver­tice del Dipar­ti­mento dell’amministrazione peni­ten­zia­ria. Ieri sera la mini­stra ha con­vo­cato di nuovo il capo del Dap Gio­vanni Tam­bu­rino e i due vice, Luigi Pagano e Fran­ce­sco Cascini, che si erano detti pronti alle dimis­sioni dopo una tesis­sima riu­nione a 11 (sei diri­genti del Dap e cin­que respon­sa­bili mini­ste­riali) in via Are­nula, gio­vedì pome­rig­gio, pro­gram­mata da tempo per veri­fi­care i pro­gressi del piano «strut­tu­rale» di riforma car­ce­ra­ria pre­sen­tato nel novem­bre scorso a Strasburgo.

Di dimis­sioni in blocco non si parla più, per il momento, e – ormai supe­rata la buriana sull’affaire Giu­lia Ligre­sti – si allon­tana anche, per Can­cel­lieri, il rischio di una sosti­tu­zione. Che comun­que ren­de­rebbe più dif­fi­cile rispet­tare la sca­denza fis­sata a mag­gio pros­simo dalla Corte euro­pea dei diritti umani, ter­mine entro il quale l’Italia deve tor­nare nel solco costi­tu­zio­nale della pena deten­tiva. Ma è pro­prio que­sto uno dei punti del con­ten­dere. Per­ché se da un lato la mini­stra Can­cel­lieri e la com­mis­sione ad hoc da lei isti­tuita nel giu­gno scorso con a capo il pro­fes­sore Mauro Palma sem­brano pre­mere per una vera riforma del sistema peni­ten­zia­rio – su più piani: quelli nor­ma­tivo ed edi­li­zio ma anche quello orga­niz­za­tivo – da parte loro i ver­tici del Dap stanno sulla difen­siva, intenti piut­to­sto a dimo­strare di aver fatto tutto il pos­si­bile per “accon­ten­tare” Strasburgo.

L’aria in effetti era già un po’ tesa da quando la mini­stra aveva pub­bli­ca­mente scon­fes­sato i dati del Dap sul numero di posti letto dispo­ni­bili in car­cere (in favore di quelli reali con­teg­giati dall’associazione Anti­gone). Ma il boc­cone dif­fi­cile da man­dare giù è stata la visita che Can­cel­lieri e Palma hanno improv­vi­sato qual­che giorno fa al car­cere viter­bese Mam­ma­gialla, senza pre­av­vi­sare il Dap. Gli esiti dell’ispezione sono costati a Tam­bu­rino e ai suoi vice una “sfu­riata” della mini­stra, arrab­biata per l’impasse subito dal piano car­ceri pre­sen­tato a Strasburgo.

Secondo Dago­spia, però, la Guar­da­si­gilli avrebbe inten­zione di nomi­nare Mauro Palma a capo del Dap, man­dando a casa Tam­bu­rino. Men­tre alcuni sin­da­cati di poli­zia peni­ten­zia­ria, come l’Osapp, arri­vano ad accu­sare Palma di com­por­tarsi «come fosse un vice­mi­ni­stro» e imma­gi­nano già un mini­stero della Giu­sti­zia che cam­bia nome in «Mini­stero dei Reclusi e delle Pene Alter­na­tive». In realtà l’ex pre­si­dente del Comi­tato euro­peo per la pre­ven­zione della tor­tura e tra i fon­da­tori dell’associazione Anti­gone spesso e volen­tieri – per­fino ecces­si­va­mente, secondo alcuni – ha pro­mosso un cam­bia­mento nell’organizzazione peni­ten­zia­ria a par­tire dal coin­vol­gi­mento del per­so­nale car­ce­ra­rio. Dal mini­stero, comun­que, smen­ti­scono qua­lun­que ipo­tesi di Palma a capo del Dap.

Restano sul tavolo però nume­rosi pro­blemi per­ché, sep­pure si rie­sca a supe­rare entro mag­gio il pro­blema del sovraf­fol­la­mento, tor­nare nel «solco costi­tu­zio­nale della pena» signi­fica ripen­sare in modo sostan­ziale la vita deten­tiva, dalla socia­lità al lavoro, da una più equa distri­bu­zione negli isti­tuti dei tos­si­co­di­pen­denti e di altri casi “dif­fi­cili”, al rispetto del corpo dei reclusi (molti per esem­pio lamen­tano un numero troppo alto di “inci­denti” avve­nuti ai dete­nuti del Mammagialla).

 

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