I nove mesi difficili di Nicolas Maduro, pugno chiuso e mano tesa alla pacificazione
A pugno chiuso ma con l’altra mano tesa: all’opposizione disposta al dialogo, e anche agli Stati uniti, se accettano un confronto tra pari. Con questo spirito, Nicolas Maduro ha presentato al parlamento il suo primo rendiconto da presidente. Un atto costituzionale contemplato dall’articolo 237 della Carta magna, approvata nel 1999. Prevede che il presidente illustri ogni anno all’Assemblea gli aspetti politici, economici, sociali e amministrativi della sua gestione. Il 15 gennaio del 2013, Maduro fece il suo primo rendiconto, ma da vicepresidente e impiegò circa venti minuti. Allora stava esercitando funzioni di supplenza nei momenti più difficili della malattia di Chávez, operato a Cuba per la quarta volta del tumore che lo ucciderà, il 5 marzo.
Ieri, l’ex autista del metro di formazione marxista ha presentato il bilancio del suo primo anno di governo, durante il quale ha esercitato per 9 mesi la funzione di capo di stato. Un periodo difficile, iniziato all’indomani della sua risicata vittoria nei confronti del candidato della destra Henrique Capriles Radonski. Accolto da una schiera di bandiere rosse e dagli artisti ospitati in parlamento, Maduro ha stretto la mano ai deputati di opposizione, preparandosi al fuoco di fila delle domande. «Questo 2014 dev’essere il centro della pacificazione sociale», ha detto riferendosi soprattutto al problema dell’insicurezza, tornato in prima pagina dopo il duplice omicidio dell’ex Miss Monica Spear e di suo marito. Su questo tema, però, si è resa concreta la prima prova di dialogo con i sindaci e i governatori di opposizione. Maduro li aveva invitati a una riunione subito dopo la consistente vittoria chavista alle comunali dell’8 dicembre, ma ha anticipato la riunione dopo il duplice assassinio.
Quanto agli attacchi dell’«ultradestra e dell’ultrasinistra» ha ribadito di essere un «socialista impegnato nella rivoluzione», deciso ad approfondire le linee strategiche tracciate dal suo predecessore: quelle contenute nel Plan de la Patria, già approvato dal parlamento. Una «carta di navigazione» che guida le decisioni economiche e politiche sul piano interno e internazionale. Il 2014 è iniziato con l’aumento del 59% del salario minimo, che ora è di 3.270 bolivar. Alla fine del 2012 lo stato ha investito il 64,1% della rendita petrolifera per dare continuità ai grandi progetti sociali che hanno ulteriormente elevato il livello di vita delle classi popolari e hanno portato il Venezuela a essere il primo paese al mondo per numero di matricole universitarie.
Sul piano internazionale, nel 2014 si festeggiano i dieci anni dell’Alba, l’Alleanza boliviariana per i popoli della nostra America ideata da Cuba e Venezuela in opposizione all’Accordo di libero commercio per le Americhe, di stampo neoliberista. Il Venezuela avrà anche la presidenza protempore del Mercosur e nella prossima riunione — ha annunciato Maduro — firmerà un documento per la costruzione di una grande Zona economica Alba-Petrocaribe-Mercosur.
Non ci sarà svalutazione del bolivar, nonostante la speculazione e il mercato parallelo del dollaro. Verranno però rivisti tutti i meccanismi di accesso alle divise per agevolare gli investimenti ma anche per evitare i colpi bassi delle «imprese fantasma» che ricevono dollari a tasso agevolato e poi non producono oppure rivendono al mercato nero. In questi giorni si è scoperto che nei grandi media si rivendeva così persino la carta, e altrettanto facevano alcune compagnie aeree con i biglietti. «Alla «guerra economica» dei poteri forti si continuerà a far fronte inasprendo i controlli e facendo applicare le leggi. Il guadagno massimo per tutte le attività commerciali non potrà superare il 30%. L’invito rivolto agli imprenditori onesti a investire nel paese col cambio agevolato è stato accolto con tiepido favore dal presidente della Confindustria locale, mentre gli oltranzisti di Primero Justicia hanno respinto tutto al mittente.
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