I 40enni e le paludi da Prima Repubblica

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Non è forse, questo «contratto di governo», questo «patto di coalizione», questo «accordo alla tedesca», addirittura, niente meno e niente più che la vecchia, cara e modesta «verifica»?

E QUINDI anche l’anticamera di quella che negli annali delle innumerevoli perdite di tempo andava sotto il nome, invero desueto, di «pausa di riflessione»?
Eppure sostenerlo non è tanto impossibile, quanto inconfessabile. I leader giovanotti si rifiutano fermamente di pronunciare antiche formule politichesi per paura di perdere lo slancio del nuovo e di rimanere disonorati dall’uso di dispositivi che sanno di cantina.
Come quell’altra benedetta procedura, quello scambio di ardua scorrevolezza interministeriale, quella specie di passaggio da pilotare con prudente inventiva la cui sola menzione è bastata a infastidire Matteo Renzi. Insomma, il rimpasto.
Chissà come verrà battezzato e poi debitamente infiocchettato il sempiterno rimpasto, quando esponenti renziani — alcuni dei quali già abbastanza individuabili nella loro speranza — occuperanno le poltrone di ignari tecnici? Se questo non accade, d’altra parte, e senza soverchie divinazioni, verrà imbastita una «crisi al buio», la classicissima, con dovizia di incarichi ed eventuali mandati esplorativi.
Ora, parecchi vorrebbero anche votare, ma chi è contrario alle elezioni — se non altro per le ansie in agguato e i quattrini della campagna elettorale — non lo dice, almeno ora. Ciò non di meno il giornalismo politico adora gli scenari, per cui si chiede indulgenza, anche al presidente Napolitano che sulla faccenda si è mostrato piuttosto problematico, ma se la situazione non regge, la legislatura finisce e si va alle urne.
Sennonché ci sono anche, già convocate, le europee. Ingorgo elettorale, tanto per cambiare. Donde la consueta disputa sulla data. E qui ricomincia la veneranda giostra delle antiche abitudini e con il segretario del partito di maggioranza relativa che aspira a occupare palazzo Chigi, sai che novità, la Prima Imperitura Repubblica allunga la sua fredda e fantasmatica carezza alla rinnovatissima classe politica.
E pazienza se ci si sente dei bacucchi, ma quello che oggi Berlusconi invoca come «election day» un tempo si chiamava «accorpamento». Nel 1979, su questo, Andreotti e Craxi litigarono di brutto — e ci vollero anni, oltre all’impegno di Licio Gelli per fargli fare pace.
«Pregiudiziale» sulla data delle elezioni, verifica, rimpasto e compagnia cantante, ma confezionata e venduta per qualche spicciolo sotto la specie di una comunicazione vagamente pop. Si ha qualche scrupolo a rubricare tutto questo all’insegna dei riti, parola fin troppo impegnativa, e non solo perché dietro s’intravede ora il Grande Nulla ora un misero pretesto per guadagnare tempo.
O forse è un incantesimo percettivo, una ricorrenza di suoni; ma certo impressiona notare con quanta facilità nelle pieghe di qualsiasi giornata si annidino espressioni che sanno di eterno come la tassa sulla casa, il superbollo, il made in Italy, il semestre europeo, l’adagio «nomina sunt consequentia rerum», che fu il tormentone del cambio di nome del Pci — in attesa della lottizzazione
Rai.
E intanto è partito un giro intricatissimo di consultazioni, un brulichio di incontri bilaterali, una manfrina, che è un ballo del Monferrato, o un’ammuina, che invece mette in causa usanze napoletane, per cui comunque tutti vedono tutti e così sarà per l’intero mese di gennaio. Con legittima soddisfazione, ieri Alfano ha annunciato di aver esteso alle forze sociali l’immane calendario dei suoi colloqui, per cui vedrà anche i notai, il Forum Famiglie e la Cofimi imprese.
Al dunque, e sempre con un occhio a quell’altro tema che sta così a cuore agli italiani qual è la legge elettorale, l’orizzonte della nuova stagione e del salto generazionale pare restringersi al dilemma: accordo dentro la maggioranza o ampia convergenza? Là dove ampia significa Berlusconi. O Verdini, che fa lo stesso, o forse no.
Si vedranno con Renzi? E in quale segreto luogo? Nella Prima Repubblica andavano molto gli appartamenti dei servizi, i conventi e la villa di Pippo Marra. Ora boh, ma non è che poi cambi di molto.


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