by Sergio Segio | 3 Gennaio 2014 9:19
ROMA — Dopo l’acquisto del 100 per cento di Chrysler, la Fiat festeggia in Borsa: il titolo regista un +16%. Marchionne ed Elkann scrivono ai dipendenti: «È un giorno storico, si realizza un sogno». I sindacati chiedono chiarimenti sul futuro dell’azienda in Italia.
Il trionfo in Borsa, il plauso del governo e dei sindacati, la email di Sergio Marchionne e John Elkann ai dipendenti del gruppo per dire che ora inizia «un nuovo capitolo del nostro futuro ». Il giorno successivo all’accordo che ha concentrato il cento per cento della Chrysler nelle mani della Fiat, la casa di Torino conquista un coro di «sì», velato da qualche riserva.
Il risultato più concreto arriva proprio dai mercati: euforica la Borsa che fa volare il titolo Fiat del 16,4 per cento (6,92 euro, per scambi che riguardano il 6,4 per cento del capitale) e fa registrare un balzo del 4,4 per cento anche alla controllante Exor (30,2 euro). Picchi di crescita che vanno a suggellare la soddisfazione che la notte prima il presidente e l’amministratore delegato avevano già espresso in una lettera spedita via web ai 330 mila dipendenti del gruppo Fiat-Chrysler nel mondo. «Cari colleghi» vi si legge «abbiamo realizzato un grande sogno», il giorno «è storico», «di fronte abbiamo un nuovo capitolo di storia comune da scrivere», «a voi chiediamo di restare uniti».
Soddisfatto anche Veba, il fondo pensione che fa capo al sindacato americano Uaw, con il quale Fiat ha raggiunto l’accordo («è il miglior risultato possibile» ha commentato).
Sul fatto che si tratti «di una buona notizia» concordano pure il governo e il sindacato, che però ora chiedono di pensare all’Italia. «L’accordo è la premessa per portare a termine gli investimenti avviati nei siti produttivi di Grugliasco e Melfi e concretizzare quelli recentemente annunciati sul sito di Mirafiori» premette Flavio Zanonato, ministro allo Sviluppo economico. Ancor più chiaro è il riferimento di Susanna Camusso, leader della Cgil: «Dopo questo importante passaggio è indispensabile che Fiat dica cosa intende fare nel nostro Paese» precisa, chiedendo che «la direzione strategica e la progettazione restino italiane e il gruppo mantenga una presenza qualificata in Italia». E proprio questo il punto che più preoccupa il sindacato, in particolar modo la Fiom che di fronte al coro di consensi resta invece scettica («sembrano i botti di Capodanno, ma non vorrei che a noi lasciassero solo la puzza di zolfo», ha detto Michele De Palma, coordinatore Fiat per la sindacato di Landini).
Cisl e Uil, che con Marchionne hanno da sempre avuto rapporti privilegiati (hanno siglato accordi che la Cgil ha rifiutato), rivendicano invece un ruolo diretto nel finale positivo: «Con quegli accordi abbiamo salvato l’industria dell’auto» precisa Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, e «Se ora la Fiat è un gruppo globale il merito è anche dei sindacati italiani» conferma Raffaele
Bonanni, leader della Cisl. Sul fronte politico a rivendicare qualche merito nella vicenda è invece l’ex ministro Sacconi (oggi senatore del Nuovo Centrodestra) che coglie l’occasione per mandare un messaggio al Pd: «Nel 2004» l’allora governo Berlusconi
«salvò la Fiat», «non siamo proprio tutti uguali. E questo lo dico a Renzi che oggi abbraccia Landini».
Al coro di sì si associa pure Confindustria, associazione dalla quale la Fiat è uscita proprio per via di una mancata convergenza su questioni contrattuali: «La notizia mi sembra assolutamente positiva per il gruppo» ha commentato il presidente Squinzi (ma alla domanda se lo fosse anche per l’Italia ha tergiversato con un «non ho elementi per dare una risposta»). Tanto consenso non ha però smosso l’agenzia Fitch: l’accordo, ha fatto sapere, «non avrà effetti immediati sul rating, la messa in sicurezza del debito Chrysler resta un problema perché continuerà a limitare l’accesso di Fiat alla liquidità».
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