Egitto, il pupazzo-spot di Vodafone che mette paura ai generali golpisti

by Sergio Segio | 4 Gennaio 2014 9:05

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Nessuno è al di sopra di ogni sospetto in Egitto. Nemmeno la Zia Fahita, un pupazzo con i bigodini che rappresenta una vedova un po’ pettegola ed è protagonista di uno spot televisivo della Vodafone. Zia Fahita è una terrorista: è l’accusa rivoltale durante una trasmissione televisiva, e poi con una denuncia al procuratore. E non è servito che il pupazzo, intervistato via Skype in tv, strabuzzando gli occhi a bottone abbia protestato: «Ma io sono un personaggio fittizio». Le autorità hanno convocato i funzionari della Vodafone per interrogarli.
Il governo ad interim del Cairo guidato de facto dal generale Abdel Fattah Al Sisi, dopo aver deposto il 3 luglio il presidente Mohamed Morsi, il mese scorso ha dichiarato ufficialmente «terroristi» i Fratelli musulmani. Ciò non ha fermato le proteste dei sostenitori dell’ex raìs, che dopo mesi di manifestazioni hanno indetto ieri la prima di una serie di «giornate dell’ira» in vista del processo a Morsi previsto l’8 gennaio: almeno 11 i morti, molti dei quali uccisi da colpi d’arma da fuoco, in varie città del paese. Mentre le misure contro il dissenso sono sempre più aspre in Egitto e tre giornalisti di «Al Jazeera», tra cui un australiano, sono finiti in carcere con l’accusa di terrorismo, mai prima c’era stato nel mirino un personaggio in gommapiuma.
Zia Fahita è stata accusata da un video-blogger e cantante venticinquenne che si fa chiamare Ahmed Spider ed è un sostenitore dell’ex presidente Mubarak (non ce l’ha solo con gli islamici; in passato ha accusato attivisti laici di appartenere alla Massoneria). Stavolta Spider sostiene che la pubblicità della Vodafone contenga messaggi in codice diretti alla Fratellanza Musulmana. Zia Fahita vuole far riattivare la carta SIM del marito morto. Indossando una sciarpetta rossa e un ciondolo contro il malocchio, la sospetta terrorista parla al cellulare con l’amica Mama Touta, mentre la figlia-pupazzo con il cerchietto con le corna di renna cerca invano la carta SIM smarrita (tanto che Zia Fahita racconta di aver chiesto in prestito un cane alle guardie del centro commerciale pur di trovarla). «Questi elementi ci dicono che ci sarà un’esplosione in un centro commerciale e il cane non riuscirà a localizzare l’autobomba», ha spiegato Spider. Mama Touta? E’ chiaramente una parola in codice per la Fratellanza Musulmana. Ma a rendere sospettoso il blogger sono anche le quattro foglie di cactus addobbate per Natale che si vedono in apertura del video: le luci indicano altrettante bombe, le foglie sono un riferimento alle quattro dita (simbolo dei sostenitori di Morsi, dopo la strage di agosto alla moschea Rabaa al-Adawijya, perché «rabaa» in arabo vuol dire «quarta»). Dunque non c’è dubbio: ci sarà un attacco contro i cristiani copti, che celebrano il Natale il 7 gennaio.
Le autorità sono state derise per aver preso sul serio la denuncia: sui social media è nato l’hashtag #FreeFahita e la faccia del pupazzo appare, grazie a Photoshop, sullo sfondo di scene come l’assassinio di Sadat, oppure in fumetti in cui gli agenti la interrogano mostrandole l’immagine di Kermit la Rana del Muppet Show («Spider dice che hai ricevuto un mucchio di soldi da un massone americano, è lui vero?»). Ma ci sono anche gruppi con migliaia di follower che invocano l’arresto dei «burattinai» di Zia Fahita, rei di aver usato «segnali sconosciuti». Così nel surreale talk show di Capodanno, alle proteste del pupazzo il blogger, imperturbabile, ha giurato che la manderà in galera.
Mentre Vodafone sta pensando di ricorrere alle vie legali e le multinazionali attive in Egitto si domandano se adesso, oltre ai rischi per la sicurezza, debbano preoccuparsi di eventuali accuse di terrorismo, per l’Egitto il caso di Zia Fahita è un segnale del clima crescente di paura e paranoia, anche legata agli attentati terroristici non più solo contro obiettivi militari nel Sinai ma temuti nelle città. Allo stesso tempo, esperti e giornalisti locali segnalano come il patriottismo e il nazionalismo, cui fanno da megafono i media sia pubblici che privati, abbiano raggiunto livelli «fascisti», e le autorità si trovino legittimate a reprimere il dissenso in nome della sicurezza nazionale. « Così alle tragedie estreme si alternano commedie estreme come quella di Zia Fahita — nota la giornalista cairota Sarah Carr —. E un procuratore prende sul serio l’accusa contro un pupazzo, mentre non viene incriminato nessuno per le quasi 1000 vittime di Rabaa».
Viviana Mazza

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