Due milioni e 640 mila occupati non arrivano alla fine del mese

by Sergio Segio | 22 Gennaio 2014 8:22

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Il 12% degli occu­pati non rie­sce ad arri­vare a fine mese in Ita­lia. Lo sostiene lo stu­dio della com­mis­sione Ue sull’occupazione «Employ­ment and Social Deve­lo­p­ments in Europe Review» pre­sen­tato ieri a Bru­xel­les. Solo Roma­nia e Gre­cia fanno peg­gio con oltre il 14%. Que­sto signi­fica che sui 22 milioni e 292 mila occu­pati regi­strati dall’Istat a novem­bre 2013, le per­sone a cui non basta lo sti­pen­dio per vivere sono almeno 2 milioni e 640 mila. Sono i cosid­detti «lavo­ra­tori poveri» che cre­scono insieme ai disoc­cu­pati, 3 milioni e 254 mila, in aumento dell’1,8% rispetto ad otto­bre (+57 mila).

Il tasso di disoc­cu­pa­zione gene­rale a novem­bre si è atte­stato al 12,7%, con un aumento di 0,2 punti per­cen­tuali su otto­bre e di 1,4 punti su anno. Insieme alla disoc­cu­pa­zione gio­va­nile, giunta al 41,7%, è un record dall’inizio delle serie sto­ri­che nel 1977. Secondo l’Istat in sei anni, tra novem­bre 2007 e novem­bre 2013 in Ita­lia gli occu­pati sono dimi­nuiti di 1,1 milioni di unità men­tre i disoc­cu­pati sono più che rad­dop­piati pas­sando da 1.529.000 a 3.254.000 (1,725 milioni in più). A com­ple­tare il qua­dro, lo stu­dio Ue ha aggiunto un altro tas­sello. Per chi ha perso il lavoro in que­sto primo ciclo quin­quen­nale della crisi, le pos­si­bi­lità di tro­varne un altro sono tra il 14% e il 15%, le più basse di tutti i 28 Stati membri.

«In Ita­lia non cre­sce solo la disoc­cu­pa­zione ma anche la povertà» ha com­men­tato il com­mis­sa­rio Ue al lavoro Lazlo Andor. Sem­pre secondo l’istituto nazio­nale di sta­ti­stica, nel 2012 le per­sone in povertà rela­tiva erano il 15,8% della popo­la­zione (9 milioni 563 mila), quelle in povertà asso­luta l’8% (4 milioni 814 mila). Nel nostro paese la sof­fe­renza occu­pa­zio­nale, la disoc­cu­pa­zione e il feno­meno della pau­pe­riz­za­zione riguar­dano com­ples­si­va­mente più di 15 milioni di per­sone. Una cifra spa­ven­tosa che tut­ta­via cor­ri­sponde a quella euro­pea sul rischio poverta. Secondo Bru­xel­les, infatti, le per­sone a rischio poverta ed esclu­sione sociale sono un quarto dei cit­ta­dini euro­pei. Una per­cen­tuale più alta della disoc­cu­pa­zione per­ché riguarda anche chi lavora e ha un red­dito basso. Que­sti sono alcuni degli effetti della reces­sione ini­ziata nel 2008. Lo stu­dio della com­mis­sione li descrive come una «dou­ble dip reces­sion» o «reces­sione a forma di W», una let­tera che riprende gra­fi­ca­mente l’andamento del pro­dotto interno lordo e degli inve­sti­menti dal 2008 al 2013. Que­sta espres­sione è stata ini­zial­mente usata per l’economia degli Stati Uniti e oggi viene adot­tata anche per l’Unione Euro­pea. La com­mis­sione distin­gue tre periodi nella reces­sione: il primo «tuffo» («dip») cor­ri­sponde al bien­nio 2008–2010 quando il numero dei disoc­cu­pati in Ita­lia, Gre­cia, Spa­gna, Irlanda, Por­to­gallo (i «Piigs»), ma anche in Croa­zia e a Cipro si è dete­rio­rata. Tra il primo tri­me­stre del 2010 e la metà del 2011 il tasso di disoc­cu­pa­zione è rima­sto abba­stanza sta­bile, men­tre è aumen­tato l’indicatore della carenza di mano­do­pera, cioè la con­di­zione eco­no­mica nella quale i lavo­ra­tori qua­li­fi­cati sono insuf­fi­cienti per rispon­dere alla richie­sta di occu­pa­zione ad ogni costo. Il terzo periodo, che dura dalla metà del 2011, ha regi­strato un aumento ver­ti­gi­noso della disoc­cu­pa­zione che ha rag­giunto, nel set­tem­bre 2013, la quota di 19,4 milioni.

Anche dal punto di vista occu­pa­zio­nale si con­ferma dun­que la netta sepa­ra­zione tra i paesi del Sud e quelli del Nord Europa. Nel quin­quen­nio della reces­sione, i posti di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato sono dimi­nuiti per quat­tro anni con­se­cu­tivi: 8,3 milioni (-4,6%) dall’ultimo tri­me­stre del 2008. Nello stesso periodo è stata regi­strata una forte cre­scita dei part-time e dei lavori pre­cari: 2,5 milioni in più dall’ultimo tri­me­stre del 2008 (+6,4%). Il record è dete­nuto dall’Olanda con il 49,2%, seguito dal Regno Unito, dalla Ger­ma­nia, dalla Sve­zia e dall’Austria. L’Italia regi­stra un aumento di poco infe­riore a 1,5 milioni di part-time. In que­sti casi la spe­ranza di tro­vare un lavoro fisso è crol­lato tra il 2008 e il 2012 in 24 stati mem­bri, men­tre è cre­sciuto in Lus­sem­burgo, Ger­ma­nia e in Olanda. Dani­marca, Cipro e Slo­ve­nia. In que­ste con­di­zioni cre­sce il tasso degli «sco­rag­giati», cioè di coloro che pur potendo lavo­rare non cer­cano un lavoro, e dei «Neet», in par­ti­co­lare gio­vani e donne: –3,7% della popo­la­zione euro­pea. Aumenta invece il tasso di atti­vità tra i più anziani: +5 dal 2007 al 2012.

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