Dall’Olanda la fronda per un’Europa leggera

by Sergio Segio | 27 Gennaio 2014 9:03

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BRUXELLES — Primo scricchiolio dal cuore d’Europa, a quattro mesi dalle elezioni. Su iniziativa del ministro olandese Frans Timmermans, venerdì scorso si sono riuniti settanta delegati degli Stati dell’Unione intorno a questa visione: «Europeo solo quando è necessario, nazionale tutte le volte che  è possibile». Traduzione: sforbiciare le norme Ue e i poteri della Commissione, dare o ridare più autonomia agli Stati, ripensare tutta la costruzione europea. Soprattutto quella futura. Senza rimettere in discussione i trattati Ue, ma proponendo modifiche inaudite solo fino a pochi mesi fa.

Parola di Franciscus Cornelis Gerardus Maria Timmermans, noto Frans, 4 figli e 4 lingue ben parlate fra cui l’italiano e il russo, ministro degli Affari esteri olandese: è un buon segno che «così tanti Stati della Ue» abbiano inviato dei delegati alla conferenza di venerdì, «ci siamo accorti che abbiamo toccato una corda con molti altri Paesi».
E attraverso quella corda, forse, giunge anche un primo scricchiolio dal cuore d’Europa, a 4 mesi dalle elezioni nel suo Europarlamento. Perché la conferenza di cui parla Timmermans, svoltasi venerdì all’Aia per iniziativa del suo ministero, rigorosamente su invito personale e con un discorso introduttivo del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, ha radunato funzionari dei ministeri degli Esteri e degli Affari europei di tutti i 28 Paesi, compresa l’Italia, oltre al Segretario generale del Consiglio dell’Unione Europea, il tedesco Uwe Corsepius, e a uno dei vice-segretari Generali della Commissione Europea, Marianne Klingbeil: 70 persone da tutto il continente riunite a discutere su una Ue diversa — molto diversa — e sulla visione lanciata tempo fa dal governo olandese: «Europeo solo quando è necessario, nazionale tutte le volte che è possibile».
Traduzione non autorizzata: sforbiciare le norme Ue e i poteri della Commissione Europea, dare o ridare più autonomia agli Stati, ripensare tutta la costruzione europea. Soprattutto quella futura. Senza rimettere in discussione i trattati Ue, si precisa, ma sperimentando, secondo un nuovo modello di «sussidiarietà», modifiche inaudite fino a non molto tempo fa. Qualche esempio? No alle proposte della Commissione sull’incremento annuale dei salari del personale Ue, perché — fiondata degli olandesi — «se ne infischiano di quel che ha significato la crisi finanziaria». E no all’imposizione delle quote rosa da parte di Bruxelles, ai vertici delle aziende quotate in Borsa, perché ogni Paese ha il diritto di decidere come meglio crede.
Bocciatura richiesta, poi, per ogni supervisore o autorità di controllo Ue chiamata a vegliare sui media e sulla loro libertà, o a punire i giornalisti in caso di infrazioni gravi. No anche all’«omologazione forzata» fra i vari Stati in materia di assistenza e sicurezza sociale, frase che può essere tradotta crudamente in «assistenza agli immigrati»: al contrario, sì all’«autoregolamentazione» da parte di ogni governo nella stessa materia, senza interferenze della Ue, soprattutto quando si tratti di accordi fra imprese e sindacati nazionali, o di provvedimenti come l’estensione del periodo di maternità. In tema di welfare annacquato per gli immigrati, L’Aia va diritta incontro a David Cameron, il premier inglese. Ma al fianco dei due, e ricordando il tradizionale rapporto L’Aia-Berlino rinsaldato anche recentemente, può ben esservi la Germania di Angela Merkel, non entusiasta di certe aperture.
Tutte le proposte riecheggiate all’Aia, nei giardini giapponesi del think-tank ministeriale dove si è tenuto l’incontro, non sono in realtà nuovissime, anzi. Timmermans le ha già seminate, qualche volta a mezza voce e qualche volta con piglio guerresco fra i banchi del suo Parlamento, nei mesi scorsi. Ma qualcos’altro di nuovo, qui, c’è: un governo dell’Eurozona e della Ue cerca l’appoggio di altri per lanciare una campagna di idee che scardina almeno potenzialmente ingranaggi vitali della Ue. E che sembra metterne in discussione anche alcuni principi fondamentali, come quelli che appunto garantiscono nei 28 Stati certi livelli di accoglienza e di assistenza per gli immigrati. Forse, si vuole solo prevenire e dirottare la temuta vittoria dei populisti estremisti alle elezioni di maggio. Ma anche il ministro «Frans», in fondo, è un politico accorto: venerdì, alla conferenza che aveva organizzato nel bel giardino giapponese e che oggi loda soddisfatto, l’unico assente era proprio lui, sostituito dal collega Dijsselbloem: era andato a Roma, ha spiegato poi, per accompagnarvi il suo re e la sua regina in visita ufficiale.
Luigi Offeddu

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