Dall’Istat ritratto di un Paese in fuga

by Sergio Segio | 28 Gennaio 2014 12:47

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Sempre più italiani dicono addio al Belpaese, ormai tale solo di nome ma non di fatto: 68 mila gli espatriati nel 2012, oltre un terzo in più (il 35,8% per l’esattezza) rispetto al 2011 e comunque il numero più alto degli ultimi dieci anni. Mentre calano i rientri dall’estero e scende pure il numero degli immigrati (-9,1%). Dunque, tra emigrazioni e contrazione degli ingressi (pari a 2 mila unità, 6,4% in meno del 2011) il saldo migratorio è negativo per gli italiani pari a 39 mila unità, più che raddoppiato se confrontato con quello del 2011, anno nel quale il saldo risultò pari a -19 mila. Si tratta comunque del valore più basso dal 2007.
Questo racconta, impietoso e significativo, il report dell’Istat sulle «Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente» relativo al 2012. Che sia fuga dal precariato, da un contesto di crisi o da una burocrazia vissuta come opprimente, il dato di fatto è che le forze produttive si contraggono in modo sensibile. Forze spesso qualificate.
Difficile infatti pensare a un paese che cresce, quando tra gli italiani con almeno 25 anni si registra la fuga all’estero di 32 mila residenti, di cui quasi un terzo ovvero 9 mila in possesso di laurea, mentre sono 12 mila i diplomati e 11 mila quelli con un titolo fino alla licenza media. I laureati partono soprattutto alla volta dell’Europa (scelta da almeno 6.700 di loro), poi ci si sposta oltreoceano verso Stati Uniti (1.100 trasferimenti) o Brasile (700). Restando nella Ue invece la maggiore capacità di attrazione si conferma quella della Germania locomotiva d’Europa, che richiama 1.900 laureati, seguono Gran Bretagna (1.800), Svizzera (1.700) e la pur vicina Francia, dove nel 2012 si sono trasferiti ‘solo’ in 1.300.
In generale, per gli italiani i principali Paesi di destinazione sono appunto Germania (oltre 10 mila emigrati), Svizzera (8 mila), Regno Unito (7 mila) e Francia (7 mila) che dunque insieme accolgono quasi la metà degli espatriati. I connazionali che decidono di tornare in Italia sono in numero molto inferiore a quello degli emigranti: nel 2012 i rientri sono 4 mila dalla Germania, 3 mila dalla Svizzera e circa 2 mila dal Regno Unito e dalla Francia.
MENO STRANIERI
Ma l’Italia non perde solo chi qui è nato. Qualunque giudizio se ne voglia dare, colpiscono i 351 mila nuovi residenti immigrati, 35 mila in meno rispetto al 2011 con un calo del 9,1%. Un dato che porta al 7,4% la quota di stranieri sulla popolazione residente al 31 dicembre 2012. Cambia anche la geografia delle comunità maggiormente presenti sul nostro territorio: l’Italia attrae ora molti meno flussi dall’Est Europa (in particolare moldavi, 41% di iscrizioni di residenza e ucraini, -36%) e dal Sud America (con un 35% e un 27% rispettivamente di peruviani ed ecuadoriani). Al contrario crescono seppure di poco gli ingressi dall’Africa, + 1,2%, soprattutto da Nigeria Mali e Costa d’Avorio, flagellate da diversi conflitti che spingono sempre più alla fuga verso l’Europa. La comunità più rappresentata nel 2012 è comunque quella rumena, con 82 mila ingressi, seguita dai 20 mila ingressi di cittadini cinesi e marocchini (sempre 20 mila), quindi dai 14 mila degli albanesi. Ci sono poi gli stranieri che lasciano il Belpaese, e questi sono in crescita addirittura del 18%. Ma sono appunto le migrazioni degli italiani stessi a fare la differenza nella costruzione del saldo migratorio di 245 mila unità del 2012, inferiore a quello 2011 di quasi un quinto (19,4%).
I FLUSSI INTERNI
L’Istat analizza anche gli spostamenti interni dei confini nazionali, che interessano sia italiani sia stranieri anche se in proporzioni molto diverse. I cambi di residenza tra un comune e l’altro coinvolgono infatti oltre un milione e mezzo di persone, in crescita del 15% sul 2011, con effetti piuttosto evidenti di ridistribuzione nei diversi territori. Gli spostamenti di breve e medio raggio (intraprovinciali e intraregionali) rappresentano, come sempre, la tipologia di trasferimento principale (75,5% dei trasferimenti interni). Dai 18 ai 50 anni, nel pieno dell’età lavorativa, il flusso assoluto dei trasferimenti è intenso: sono 801 mila gli italiani che si spostano contro i 199 mila stranieri. In termini percentuali, tuttavia, tali spostamenti risultano più frequenti per gli stranieri (71,3%) piuttosto che per gli italiani (62,8%).

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