Dall’energia alle grandi opere i poteri tornano allo Stato

by Sergio Segio | 20 Gennaio 2014 7:48

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Tutto questo, aggiungendo anche l’abolizione del Senato, produce un miliardo di euro di risparmi.
Il superamento delle Province è già contenuto nel cosiddetto ddl Delrio, approvato a fine dicembre dalla Camera e in attesa di essere approvato dal Senato, mentre per il Titolo V abbiamo chiesto ad Augusto Barbera, docente di diritto costituzionale all’università di Bologna, di illustrarci i punti principali della riforma, presumendo che il segretario del Pd si basi sul testo elaborato dalla commissione governativa dei saggi.
Spiega Barbera: «Sono due i punti principali che devono essere corretti: riportare a livello centrale alcune materie trasferite alle Regioni e ripristinare il potere della supremazia dello Stato, in temi come quello del turismo o del l’edilizia (vedi Piano casa)». In particolare per quel che riguarda le materie trasferite nel 2000 alle Regioni, Augusto Barbera ricorda: «La produzione e la distribuzione nazionale di energia , l’ordinamento delle professioni, ma anche le grandi opere di interesse nazionale. Un esempio paradossale è il ponte sullo stretto di Messina: per come è oggi la legge se venisse realizzata l’opera se ne dovrebbero occupare le due regioni interessate, la Sicilia e la Calabria».
Per il professor Barbera la riforma del titolo V ha generato una serie di sovrapposizioni di poteri, anche contraddittori: «Il titolo V ha dato ai Comuni una serie di poteri in antitesi con quelli delle Regioni ma anche dello Stato. Un esempio: il sindaco di Gioia Tauro. Ha detto che vuole fare un’ordinanza per chiudere il porto ed impedire che la nave con le armi chimiche della Siria passi di lì. Teoricamente può farlo. Per non parlare degli ostacoli che gli enti locali frappongono alla costruzione di impianti per la produzione di energia, come i gassificatori».
Ma non solo. Dice Barbera: «Accanto a questo c’è il tema degli sperperi nei consigli regionali per via dei contributi dati ai gruppi. Grazie alla riforma del titolo V si potrebbero stabilire i contributi su parametri nazionali e non lasciare più autonomia ai gruppi regionali, superando i dubbi di legittimità del decreto Monti già impugnato».
Il professor Barbera precisa:«Stiamo attenti che senza la riforma del Senato sarebbe semplicemente un tornare indietro. Con la riforma, invece, tutto questo si può fare perché in una delle due camere ci saranno esponenti delle Regioni e anche delle autonomie locali» .

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