Crescono i paesi che non hanno fatto austerity
La Banca Mondiale ha presentato le previsioni economiche per il 2014. La sintesi del rapporto potrebbe essere la seguente: 5 anni dopo la crisi finanziaria l’economia mondiale comincia a mostrare i primi segnali di ripresa. L’economia mondiale dovrebbe crescere del 3,2%, ma la crescita non sarà omogenea: i paesi in via di sviluppo cresceranno del 5,3%, mentre i paesi ricchi del 2,2%. All’interno dei così detti paesi ricchi, le policy adottate fanno la differenza.
Chi ha impegnato la spesa pubblica e tutti gli strumenti monetari per fronteggiare la crisi reale ha conseguito dei risultati di gran lunga migliori dei paesi che hanno adottato politiche di austerità. In altre parole gli Stati Uniti, pur con tutti i limiti conosciuti, registreranno una crescita per il 2014 del 2,8%, mentre l’Europa, l’emblema delle politiche liberiste, delle riforme strutturali, dei tagli alla spesa pubblica e del rientro forzato, via avanzi primari, dall’indebitamento e dal debito pubblico, avranno una crescita dell’1,1%.
L’aspetto beffardo è la crescita della Germania: 0,5%. Attenzione, il detto mal comune mezzo gaudio non vale. La crisi della Germania è la crisi dell’Europa. Potrebbe trascinare tutti quanti dentro un vortice da cui è difficile immaginare gli effetti. Altro che uscita dall’euro e cose simili.
Alla fine, i beni e servizi prodotti dalla Germania devono pur essere venduti, ma se depauperiamo tre quarti dell’Europa, anche la granitica Germania non può far altro che leccarsi le ferite. Certamente la Cina rimane un mercato promettente, ma la domanda europea non è così facilmente sostituibile, nemmeno dalla crescita della domanda americana. Obama ha tanti difetti, ma una parte del rilancio dell’economia americana è legata al rafforzamento della propria manifattura.
Non si tratta solo di allentare i vincoli europei. La situazione è tale che necessità di una politica economica europea. Non si aggancia nessuna crescita, nemmeno a livello mondiale, fintanto che l’Europa rimane senza bilancio pubblico europeo adeguato, almeno del 4% del Pil, un coordinamento delle politiche industriali e un adeguamento della domanda interna, via incrementi salariali.
In qualche misura il rapporto della Banca mondiale conferma che le politiche liberiste sono fuori tempo massimo. I paesi che non hanno perseguito le logiche dell’austerità stanno decisamente meglio. Chissà cosa ne pensano il presidente della Commissione europea e il governo di grande coalizione tedesco.
Alla fine tutti i nodi e le debolezze dell’Europa si manifestano, soprattutto quando si affaccia una «modesta» crescita. È proprio quando si intravede una crescita che si vede se sono state adottate le politiche giuste.
Ora abbiamo una mezza verità: le politiche europee hanno allontanato la stessa Europa da una possibile crescita. Non credo e non penso che gli Stati Uniti o altri Paesi regalino la propria crescita all’Europa.
Questa volta l’Ue deve diventare adulta. L’età dell’adolescenza è finita.
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