Chiamparino non aspetta: pronto a candidarmi Centrodestra, tutto in gioco

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TORINO — Alle due del pomeriggio Sergio Chiamparino ha spento il telefonino per impegni di lavoro. Quando lo ha riacceso, poco tempo dopo, ha trovato 55 chiamate senza risposta. Il presidente della Compagna di San Paolo rimarrà tale ancora per poco. La lettera di dimissioni è già stata scritta, verrà messa agli atti entro la prossima settimana. All’inizio di febbraio è prevista la convocazione del Consiglio di amministrazione, che ratificherà il suo ritorno alla politica dopo la parentesi da banchiere. Ieri a Torino ci sono state due importanti decisioni della magistratura, in qualche modo collegate una all’altra. La prima è nota. La seconda invece riguarda una faccenda di cronaca locale, le presunte irregolarità nella gestione dei bar in riva al Po. La procura si appresta a chiedere il processo per trentatrè persone. Nel documento di chiusura delle indagini manca il nome dell’ex sindaco di Torino, la sua posizione è stata archiviata. Due mesi fa, dopo la notizia dell’avviso di garanzia nei suoi confronti, furono molti i brindisi nel mondo politica piemontese. A destra, certo, ma non mancarono calici levati anche in un centrosinistra da sempre insofferente del tesoretto personale di popolarità che il bastian contrario Chiamparino, fustigatore degli andazzi del Pd, si porta dietro come un lasciapassare.
Quel giorno aveva offerto le due dimissioni alla Compagnia, respinto con perdite. Ma il punto era un altro. Quella macchia gli avrebbe reso molto ardua la candidatura alla Regione, unico vero traguardo che gli rimaneva dopo che il suo nome era stato speso in ogni possibile competizione nazionale, dai ministeri del governo Letta al Quirinale. Nella gara a sostituire un governatore indagato per le spese pazze come quasi tutta la sua maggioranza, schierare un altro indagato, seppur per una vicenda non proprio fondamentale, avrebbe fatto alzare molte sopracciglia. La scelta del centrosinistra è fatta, non solo perché intanto è cambiato anche il Pd. Matteo Renzi non ha mai nascosto la sua stima per lui, unico esponente di peso dei democratici a presentarsi alla sua prima Leopolda, anno di grazia 2010. «Se nei prossimi mesi si andrà al voto anticipato per la Regione Piemonte vi sarà la mia disponibilità ad un eventuale candidatura alla presidenza. Naturalmente non dipenderà solo da me». Il comunicato arriva su carta intestata della Compagnia di San Paolo. Chiamparino ha deciso di non aspettare i cascami della sentenza del Tar, scegliendo di tagliare i ponti in anticipo.
Anche Mercedes Bresso, vincitrice del ricorso anti-Cota, riconosce che non sarà lei a correre in eventuali elezioni anticipate. «Mi pare di capire che sia già stato scelto un candidato di un certo peso» dice ridendo. L’ormai ex zarina chiederà un posto a Bruxelles, per i servizi resi con la sua ostinazione nel portare avanti una causa nella quale all’inizio non credeva nessuno. Nel 2010, i vertici regionali del partito alle prese con sondaggi disastrosi tentarono di sostituirla in corsa con l’allora sindaco di Torino. Le sue proteste trovarono ascolto presso la segreteria di Pier Luigi Bersani, e il seguito della storia non fu esattamente un trionfo. «Non ripeteremo gli errori del passato» dice il segretario regionale Gianfranco Morgando, un modo per ufficializzare senza fare nomi.
Mentre Chiamparino tira un sospiro di sollievo per via giudiziaria, Roberto Cota vive la sua giornata più amara. Ieri in conferenza stampa il suo disagio era evidente, si leggeva in faccia la voglia di essere altrove. Torino non ha mai amato il presidente novarese, lo ha sempre considerato un corpo estraneo. Anche nel suo schieramento lo chiamavano «governatore di Piemonte 2» con riferimento alla circoscrizione elettorale dove aveva stravinto, capovolgendo il risultato dell’area metropolitana, favorevole a Bresso. La scorsa settimana ha detto che a tempo debito si ricandiderà, ma quelle parole sembravano una specie di esorcismo verso quel che sarebbe poi accaduto. «I patti erano chiari fin dall’inizio. Comunque vada non toccherà di nuovo alla Lega Nord» dice un importante esponente di Forza Italia.
L’armonia non regna sovrana all’interno del centrodestra. Anche sulle gestione dell’inchiesta sulle spese pazze della Regione le divergenze sono state pubbliche, con i leghisti uniti dalla paura del crollo e gli altri più possibilisti su un eventuale ritorno a casa. La possibile fine anticipata della legislatura rischia di accelerare la fase degli stracci volanti. Le candidature alternative a Cota sono in preparazione da tempo e ieri c’era una certo scarto tra l’indignazione leghista per le sorti del governatore e la solidarietà inframmezzata da eloquenti silenzi degli alleati. L’uomo al quale verrà affidato il non facile compito di fermare Chiamparino potrebbe essere Gilberto Pichetto, vicepresidente regionale, fresco di nomina come coordinatore di Forza Italia. «Se questa sentenza verrà confermata, valuterò il da farsi con Cota e con gli organi del mio partito». Non proprio una smentita. L’alternativa potrebbe essere Claudia Porchietto, assessore al Lavoro di fede alfaniana, che non nasconde di studiare da governatore. Sono nomi di rilievo locale, che potrebbero lasciare posto a personaggi più noti come Guido Crosetto, da tempo approdato a Fratelli d’Italia. Siamo un cantiere aperto, dice l’anonimo berlusconiano. Ha usato un termine più colorito, ma il concetto è quello.


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