Chi sono gli hacker siriani che hanno colpito anche Skype

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L’ultima operazione dell’Ees ha preso di mira la rete Skype. Con un’incursione a sorpresa gli hacker che si muovono per conto del regime hanno postato il seguente messaggio su Twitter: «Non usate il sistema di email Microsoft. Loro controllano i vostri account e vendono i dati ai governi. Presto altri dettagli».
Le parole dei «pirati» telematici si riferiscono alla collaborazione che alcuni grandi gruppi hanno avviato con l’intelligence americana e in particolare con la Nsa, accusata di monitorare ogni tipo di comunicazione. Un gesto a effetto dei seguaci dell’Ees ormai protagonisti di una lunga campagna iniziata nel 2011 dopo l’esplosione della guerra civile.
Misteriosi, protetti ovviamente dall’anonimato, i soldati cibernetici sono organizzati con una struttura clandestina. Un apparato nell’ombra, un network capace di sostenere lo sforzo del regime. All’inizio, il cuore del gruppo era formato da esperti usciti da una società creata anni fa dallo stesso presidente. Tecnici in gamba che avrebbero dovuto condurre la Siria sulla strada di Internet, uno dei «pallini» di Bashar Assad. La storia ha però riservato altri programmi. E i maghi del computer si sono ritrovati in una trincea virtuale a combattere un duello duro con gli avversari. Dai ribelli ai Paesi arabi che li appoggiano. Con il passare del tempo, nelle file di questo esercito invisibile sono entrate nuove figure, mai identificate. Non è chiaro neppure il numero. Si parla di diverse centinaia di elementi, tra volontari ed «effettivi», con gerarchie e compiti ben precisi.
In questi ultimi mesi l’Ees si è mosso su tre fronti. Il primo è quello dell’informazione. Gli hacker sostengono che le news sulla Siria sono manipolate, tutte in favore degli insorti. E allora rispondono con la loro «verità». Il secondo aspetto riguarda ampie offensive sferrate contro siti e profili di figure dell’opposizione. Infine ci sono operazioni di hacker a livello internazionale: giornali famosi e istituzioni sono state prese di mira perché considerate ostili o comunque non favorevoli a Damasco. Sotto tiro sono finiti il New York Times , la Bbc , alcune pagine web saudite e molti altri bersagli considerati alla stregua di nemici.
Il regime si è presentato alla sfida sul web piuttosto preparato. Da tempo il governo ha acquisito materiale per il controllo elettronico dei cittadini e gli apparati di sicurezza siriani hanno fatto «la spesa» nei Paesi occidentali per dotarsi della tecnologia necessaria. Un piano riuscito. Anche perché Damasco avrebbe ricevuto preziosi suggerimenti da «consiglieri» russi — presenti in ogni aspetto del mondo militare siriano — e l’assistenza dell’Iran. Una speciale unità dei pasdaran avrebbe fornito la sua consulenza permettendo alla polizia segreta di agire con efficacia contro il dissenso. Un aiuto chiave in un conflitto che non conosce fine.


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