Cassa depositi, spunta un dividendo extra

by Sergio Segio | 14 Gennaio 2014 8:22

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MILANO — È entrato nel vivo il processo di apertura del capitale di Cdp Reti, il veicolo della Cassa depositi e prestiti a cui è stata ceduta nel 2012 il 30% di Snam e a cui dovrà essere conferito — come annunciato a dicembre – il 29,9% di Terna: a fine gennaio scade il termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse.
L’operazione si inserisce nel piano di privatizzazioni del governo, che dalle diverse cessioni della Cdp (ci sono anche Fincantieri e Sace da valorizzare) conta di incassare circa 7 miliardi, di cui 5 sarebbero utilizzati per rafforzare il patrimonio della Cassa, mentre due sarebbero destinati a un dividendo straordinario girato al Tesoro e alle Fondazioni azioniste. Il piano prevede la vendita del 49% di Cdp Reti (le grandi reti di trasporto del gas e dell’elettricità e il gasdotto Tag). Al momento ci sarebbero state già una quindicina di manifestazioni di interesse. Sono girati diversi nomi di fondi sovrani (Qatar e Abu Dhabi) e di infrastrutture (il canadese Borealis e l’australiano Ifm), ma ci sarebbero anche fondi previdenziali. Ieri a Pechino avrebbe fatto la propria offerta (non scritta) anche il colosso delle reti State Grid of China durante un incontro con il presidente della Cdp Franco Bassanini, in missione con il ministro dello Sviluppo economico per potenziare le partnership tra le società e le imprese dei due Paesi. La proposta di State Grid of China sarebbe di 3,5 miliardi per il 40% di Cdp Reti. Il gruppo cinese è il più grande al mondo del settore, ha circa 1 milione e 600 mila dipendenti e un fatturato da 300 miliardi di dollari. Gestisce la rete elettrica in Cina e nel 2012 è entrato con il 25% in Ren, la società che gestisce la rete elettrica in Portogallo. Si presenta, dunque, come un partner industriale e di peso, concorrente di Terna nelle gare europee e anche di Snam su diverse partite. Il profilo dei soci che starebbe cercando il gruppo guidato da Giovanni Gorno Tempini sarebbe però un po’ diverso. La Cassa starebbe guardando a investitori finanziari e punterebbe a una certa diversificazione dell’azionariato.
Tempi stretti anche per Fincantieri. La Cassa punterebbe a cedere una quota di minoranza e contemporaneamente a portare la società in Borsa prima della prossima estate, come annunciato venerdì scorso dal viceministro dello Sviluppo economico, Antonio Catricalà. Venerdì il gruppo ha anche ricevuto le manifestazioni di interesse dalle banche d’affari per gestire il collocamento. Nel pacchetto Cdp c’è poi la valorizzazione di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario.
Il piano di privatizzazioni del governo coinvolge anche le Poste e l’Eni. L’esecutivo sta valutando la quotazione delle Poste, che potrebbe avvenire entro l’anno. Il Tesoro vuole anche cedere il 3% dell’Eni, ma senza diluire l’azionista pubblico attraverso il riacquisto di azioni proprie (il ministero ha direttamente il 4,34% e il 25,76% tramite la Cdp, per un totale di 30,1%). Dal 6 gennaio il Cane a sei zampe ha dato il via all’operazione di buy-back ma sulla tempistica l’amministratore delegato, Paolo Scaroni, è stato sempre molto chiaro: «I tempi saranno lunghi– ha detto in più occasioni –. Per realizzare il precedente 10% ci abbiamo messo nove anni». Il piano del governo prevede che Eni prima acquisti azioni proprie per un 10% con un valore di mercato di circa 6 miliardi e poi annulli i titoli acquistati in modo da far crescere relativamente il peso delle quote in mano a Tesoro e Cdp, consentendo allo Stato di vendere il 3%.
Francesca Basso

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