Cancellieri, Zanonato e gli altri Gli incarichi in bilico a Palazzo Chigi

Loading

La girandola dei nomi ruota ormai vorticosamente e si fa sempre più concreta la prospettiva di un «Letta bis». Lo chiede Scelta civica e per il centrista Bruno Tabacci «il premier sa bene che un rimpasto non basta, la nuova geografia politica richiede un rimaneggiamento più ampio…».
I ministri più vicini a Letta confermano l’intenzione del capo del governo di dare una bella rinfrescata alla squadra, stropicciata da piccoli e grandi inciampi. Dario Franceschini: «Eventuali cambiamenti sono l’ultima tappa del percorso, non la prima». Graziano Delrio: «Il tema della squadra verrà affrontato se ci sarà un’agenda nuova». E una nuova agenda ci sarà, perché altrimenti vorrà dire che Matteo Renzi ha rotto con Enrico Letta. Il nodo è questo. È la «volontà vera» di Renzi di siglare un patto fino al 2015 e cementare il governo con l’innesto di personalità nuove e forti.
Il segretario del Pd gioca ancora a carte coperte e nell’entourage del premier c’è chi teme che conservi ancora «una piccola riserva mentale» riguardo alla possibilità di andare al voto anticipato o, in subordine, di prendere il posto di Letta senza passare per il voto. Come? Stravincendo le elezioni europee con il 33 o 34 per cento. Illazioni, ipotesi… Renzi fa dire al portavoce Lorenzo Guerini e all’onorevole Maria Elena Boschi che il rimpasto non è all’ordine del giorno, ma intanto i giudizi dei renziani disegnano il nuovo governo, se e quando sarà.
Su Enrico Giovannini il leader democratico ha messo una vistosa croce, per aver sollevato il tema delle coperture del Jobs Act. «Il compito dei ministri non è dare giudizi o opinioni, come i professori o gli ospiti dei talk show», ha detto Renzi al Corriere . Il problema è che il ministro del Lavoro ha tutta la stima di Letta, il quale non ha mai manifestato l’intenzione di sostituirlo. Lo stesso discorso vale per Fabrizio Saccomanni, al quale Letta ha affettuosamente rimproverato qualche goffaggine, ma sempre lodando la sua azione di politica economica. «Su Europa, mercati e poteri finanziari Saccomanni è una garanzia» lo difende privatamente il capo del governo, che pensa di colmare qualche incertezza dell’Economia sul piano politico con la sostituzione dell’ex viceministro Stefano Fassina, magari con il consigliere economico del segretario, Yoram Gutgeld.
Un nome spendibile per quel ruolo era Francesco Boccia, ma i rapporti con il presidente della commissione Bilancio non sono più quelli di un tempo e ora tra lui e Letta ci si è messa anche la bufera della Asl di Benevento, che ha investito la moglie Nunzia De Girolamo. Il ministro dell’Agricoltura respinge la «gogna mediatica» e si prepara a fare muro: «Non mi dimetto». Angelino Alfano va in tv da Fabio Fazio e le rinnova la sua fiducia, eppure l’imbarazzo di Letta sul suo nome è forte. E c’è anche una questione numerica, per il Pd cinque ministri targati Ncd sono decisamente troppi. Altrettanto instabile la poltrona della guardasigilli Annamaria Cancellieri, che Renzi ha da tempo messo nel mirino. Mentre Flavio Zanonato, dato per giorni in bilico, avrebbe riconquistato qualche posizione nel gradimento del premier.
Alfano, Lupi, Franceschini, Orlando, Quagliariello e Moavero sono «blindati». E chi guarda con antipatia a Cecile Kyenge e Carlo Trigilia o attacca da destra Emma Bonino forse non sa quanto Letta li ritenga «strategici». E la Salute? Quella poltrona piacerebbe ai Socialisti per il professore Mauro Ferrari, che il ministro ha chiamato a presiedere il Comitato sul metodo Stamina: ma la stima di Letta per Beatrice Lorenzin è andata crescendo mese dopo mese e il premier non ha mai pensato di rimpiazzarla. Percorso inverso per la lettiana Maria Chiara Carrozza, i cui uffici hanno combinato il pasticcio dei 150 euro chiesti indietro agli insegnanti: uno degli scivoloni che più hanno fatto infuriare l’uomo di Palazzo Chigi.
Parallelamente all’elenco dei «silurabili», ecco che spunta una lista di «papabili». C’è chi evoca Romano Prodi e chi Lorenzo Bini Smaghi, ma intanto Mario Monti si tira fuori: difende Saccomanni dagli «attacchi volgari di taluni» e si dice «indisponibile» a fargli le scarpe: «Io nell’esecutivo? Un miraggio…». Con la scissione di Scelta civica i montiani non riconoscono più Enzo Moavero e vogliono uno dei loro nella squadra.
Monica Guerzoni


Related Articles

Sicilia, il futuro della sinistra

Loading

Si avvicina la data di scioglimento dell’Ars e delle elezioni di fine ottobre. Riflettendo sulle ragioni che hanno portato alla vittoria di Orlando, è il momento di avviare l’elaborazione di un programma comune di tutta la sinistra

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment