Banche Ue, stop alla speculazione
MILANO — L’Europa si prepara a varare la sua riforma – un po’ annacquata – del sistema bancario per prevenire nuovi casi Lehman. La bozza ormai quasi definitiva in discussione in queste ore (rivelata dal “Financial Times”) è una versione soft della Volcker rule approvata negli Stati Uniti. La nuova normativa, messa a punto in 15 mesi di duri negoziati dopo la pubblicazione del rapporto di Erkki Liikanen, non prevede alcune delle misure più temute dal settore del credito: non c’è la divisione secca tra le attività tradizionali e quelle più rischiose e limita alle sole 30 maggiori banche continentali (le cosiddette “too big to fail”, troppo grandi per fallire) il divieto di operare sui mercati finanziari per conto proprio e non a seguito di ordini dei clienti. Le lobby del credito avevano premuto per limitare al massimo questi paletti e il compromesso finale viene incontro a parecchie delle loro richieste. Il giro di vite per limitare le operazioni di finanza creativa dei colossi del settore – responsabili in prima linea della crisi finanziaria degli ultimi cinque anni e salvati con quasi 5mila miliardi di aiuti e garanzie pubbliche – appare dimezzato rispetto alle richieste iniziali di Liikanen. A decidere l’eventuale separazione delle attività più rischiose da quella tradizionale – la concessione di mutui e di prestiti – sarà una Commissione di esperti, come richiesto da Francia e Germania, che dovrà valutare l’effettiva rischiosità dei singoli portafogli di ogni istituto. Come dire che derivati & C. continueranno a rimanere legati a filo doppio ai depositi dei correntisti a meno di decisioni specifiche dei superispettori Ue.
La guerra a guardie e ladri tra speculazione e regolatori continua così con i secondi sempre in netto ritardo. Il cosiddetto mercato dello shadow banking, vale a dire le attività fuori dal faro delle autorità di controllo e regolate solo dal buon senso (si fa per dire) del mondo del credito, valeva 62mila miliardi di dollari prima del caso Lehman – una cifra pari a 30 volte il pil italiano – e oggi è lievitato a 71mila miliardi. La massa cartacea di derivati come i subprime, il detonatore della crisi del 2008, è arrivata a quota 700mila miliardi, qualcosa come dieci volte il Pil mondiale.
Mentre la speculazione si muove nei circuiti telematici della finanza senza bisogno di passaporti e dribblando eventuali controlli di frontiera, le autorità internazionali si sono attivate per il controllo di questa massa informe di (presunta) liquidità
in ordine sparso. La Volcker Rule americana prevede ad esempio la rigida proibizione per le banche delle negoziazioni sui mercati per conto proprio. La Vickers Rule approvata da Londra separa il retail banking dalle negoziazioni ma non limita gli scambi fai-da-te. Bruxelles sembra decisa a muoversi su un livello intermedio, delegando agli esperti le valutazioni delle singole situazioni. I big del credito, nel frattempo, tirano dritti: negli ultimi anni hanno contabilizzato in perdita 150 miliardi di dollari (metà del debito greco) per eventuali multe e sanzioni legate alle loro attività speculative. Cifra abbondantemente coperta dagli utili che hanno ripreso da tempo a crescere.
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