Al lavoro. Andata e ritorno
C’è un’unica grande città che parte da Torino, ingloba Milano, si allunga a Bologna, poi scende giù, Firenze, Roma, e più giù ancora, arriva fino a Napoli e Salerno. Eccola qui la metropoli dell’Alta Velocità, “Tav-landia”, nata con i treni che viaggiano a 300 all’ora e in cui si muovono per andare a lavorare, 115mila superpendolari. Casa a Torino, azienda a Milano. Famiglia a Napoli, ufficio a Roma. Non è più un problema. Un’ora di treno o poco più all’andata, altrettanto al ritorno. Ogni giorno. Perché trasferirsi, con tutta quella fatica della ricerca dell’alloggio e le spese e le bollette e l’affitto e tutto il resto? Non serve più, perché «ci si mette di più in macchina dai Parioli all’Eur nelle ore di punta che da Napoli a Roma in treno», racconta Michele. Ragionamento che non fa una grinza. L’abbonamento per le Frecce
di Trenitalia o di Italo di Ntv costa meno di un affitto, non si discute. La Tav come Einstein, relativizza tempi e distanze. Si può fare. Sempre più lavoratori lo fanno.
Michele, 32 anni, avvocato impiegato all’Eni nella sede di Roma, risponde al telefono di sera, mentre torna nella sua Napoli. «Faccio su e giù da un anno — racconta — mia moglie fa la farmacista e non si può spostare. Ogni mattina esco alle 6 e mezzo, torno alle 21. Cinque giorni alla settimana ». In tempo per mettere a letto la figlioletta, di 5 mesi. Un’ora e dieci sul treno, abbonamento mensile da 365 euro. «Se usassi la macchina ci metterei almeno due ore. Così invece posso usare il tablet e rilassarmi con la lettura. Certo che ci sono stato sui treni regionali… prendevo il Napoli- Aversa e il Napoli-Formia, erano un disastro».
È tutto un altro mondo, questo dei pendolari della Tav: sedili in pelle Frau, wi-fi, bar interno, schermi touch screen, aria condizionata. Bagni puliti. Un mondo che per quei 3 milioni di italiani che si affannano su linee regionali sgangherate come la Roma-Nettuno, la Arquata Scrivia-Brignole, la Belluno-Calalzo,
maglie nere del rapporto Pendolaria di Legambiente, deve assomigliare più o meno a Marte, o Saturno. Sulla puntualità i treni superveloci sgarrano di poco. «Per me lo scompartimento del Firenze-Roma è un ufficio — spiega Oliviero, 50 anni, manager di un’azienda editoriale nella capitale, un su e giù quotidiano tra la Toscana e il Lazio che dura dal 2006 — parto alle 8.19 da Empoli, prima col locale poi prendo l’Alta Velocità e alle 10.10 sono in ufficio. Nel frattempo controllo la posta e faccio le telefonate. È anche un momento di riflessione, a volte. Si fanno amicizie. Con alcuni insegnanti che fanno la mia stessa tratta usciamo qualche volta per una pizza». Decisione maturata con la calcolatrice, la sua: l’abbonamento mensile costa 500 euro, l’affitto di un bilocale molto di più. Ma non è solo quello. «Ho una bella casa nella campagna toscana e non voglio rinunciare a vedere la mia famiglia». L’agio garantito dalla Tav, che non è per tutte le tasche.
Un abbonamento mensile sulla linea Torino-Milano costa in media 420 euro in prima classe, 299 euro in seconda. Si può utilizzare tutti i giorni, andata e ritorno. Ma non è convertibile con altri treni. Non si può scegliere, ad esempio, di prendere un Intercity o un Interregionale. Milano-Bologna è anche più caro: 603 euro in prima, 421 in seconda classe. Costo che, diviso per trenta giorni, suona meno pesante.
Trenitalia e Ntv si contendono gli Oliviero, i Michele e gli altri superpendolari, ma l’azienda controllata da Fs è ancora padrona: 110mila abbonati alle Frecce, 3,5 milioni di viaggi all’anno, 10mila clienti che “pendolano” quotidianamente tra città fino a ieri lontane. Un flusso di passeggeri della lunga distanza cresciuti del 30 per cento dal 2006 ad oggi, dicono i numeri di Trenitalia. Le tratte più trafficate? La Roma-Napoli, soprattutto. Ma anche la Bologna-Firenze e la Torino-Milano (l’affluenza su questa è aumentata del 60 per cento negli ultimi sei anni). Gli abbonati a Italo per adesso sono molti di meno, circa 5mila. E all’anno fanno 110 mila viaggi, il 64 per cento dei quali sulla Milano- Torino, i restanti soprattutto sulla Napoli-Roma e la Bologna-Milano. Le città “fuse” una nell’altra dall’Alta Velocità.
Emanuela, strategic planner di Softlab spa, vive il treno come una metropolitana. Sale a Milano e 2 ore e 55 minuti dopo scende a Roma. È tra le più estreme: un giorno “salta” tra Lombardia e Lazio, quello dopo da Milano a Venezia, e poi da Milano a Brescia, dove ha mantenuto il suo centro di gravità, leggasi “casa e famiglia”. «Spendo abbastanza, è vero, ma con l’aereo più o meno sarebbe lo stesso — dice Emanuela — perché da Fiumicino al centro mi tocca poi pagare una cinquantina di euro di taxi». Il pendolare della Tav è così, se lo può permettere, ma nemmeno vuole buttare via i soldi. La Ntv ha stilato il profilo dell’abbonato a Italo: il 75 per cento è uomo, il 73 per cento è laureato o ha un master. In pratica, l’identikit del manager, dell’avvocato, del fiscalista, del professionista in genere. Spesso sono le stesse aziende a pagare gli abbonamenti.
Con la Tav, tutto si avvicina. In stazione a Bologna ti senti già a Firenze. «In Francia e in Spagna questa forma di pendolarismo della lunga distanza è molto sviluppato — spiega Marco Ponti, docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano — è chiaro che è un’ottima cosa, non si può negare ». Cambia la vita delle persone, e dei quartieri, a volte. C’è uno studio della Bocconi di Milano che fa vedere come le aree vicino alle stazioni dell’Alta Velocità, Tiburtina a Roma, Rogoredo a Milano, Porta Susa a Torino e le altre, abbiano visto le quotazioni immobiliari crescere non di poco. È una fortuna, stare accanto alle porte d’ingresso di “Tav-landia”.
C’è un però, secondo Ponti. «La rete infrastrutturale Alta Velocità l’ha pagata lo Stato, l’abbiamo pagata noi. È costata 30 miliardi di euro, più di quanto era previsto, e viene usata da poche migliaia di persone, di reddito medio-alto, la maggior parte delle quali potrebbe usare l’aereo. Sulla Roma- Milano si spostano 2.500 passeggeri, ma solo a Milano arrivano quotidianamente 600mila lavoratori». Insomma, come a dire che la Tav è un gioiello, che serve a pochi ma è costata a tutti. Sarebbe bello
viaggiare veloci e comodi, ma sarebbe meglio viaggiare tutti così. «Le autostrade, invece spiega ancora Ponti – le pagano gli utenti, cioè gli automobilisti che le usano».
A volte la Tav, invece di avvicinare, allontana. Ne sa qualcosa Federica, 41 anni, fino a poco tempo fa entusiasta superpendolare con quattordici anni di treno alle spalle, casa a Torino, lavoro a Milano negli studi di Mtv. «All’inizio prendevo gli interregionali, ci mettevano due ore». Poi gli Intercity, infine le Frecce, andata e ritorno in due ore al massimo. Ogni mese l’abbonamento. «Ma quattro anni fa i prezzi sono aumentati improvvisamente del 52 per cento». L’amore per i binari veloci ha cominciato a incrinarsi, i piccoli disservizi a farsi più fastidiosi. «Con Trenitalia gli abbonati non hanno il posto prenotato garantito e gratuito», spiega, ricordando la protesta delle “sedie” che organizzò con altri pendolari. Si portavano le sedie da casa. Poi due anni fa è nata la figlia di Federica e i 300 euro di abbonamento per l’Alta Velocità, seconda classe, sono diventati pesanti. «Sono tornata a prendere l’Intercity, ci metto il doppio del tempo ma costa la metà».
La tratta Torino-Milano è proprio quella che ha avuto un boom di utenza, quella che ha visto la crescita di passeggeri maggiore (60 per cento) da quando è stata ultimata, al prezzo di 5 miliardi di euro. In futuro la rete si allargherà ancora: i prossimi collegamenti a diventare superveloci, stando a quanto dichiarato ultimamente dal ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, dovrebbero essere la Bari-Napoli e la linea adriatica. La grande città d’Italia, “Tav-landia”, aumenterà i suoi “quartieri”.
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