Yulia Tymoshenko: «Ora via alle sanzioni per evitare altri morti»

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KIEV — Yulia Tymoshenko è ancora la figura di riferimento del maggior partito di opposizione al presidente Viktor Yanukovich. Il ritratto più grande che campeggia sul gigantesco cono rovesciato nella piazza Maidan è il suo. Tymoshenko, 53 anni, simbolo della Rivoluzione arancione del 2004, poi primo ministro del Paese (nel 2005 e poi dal 2007 al 2010), è ora agli arresti. Sta scontando una condanna a 7 anni per aver sottoscritto una fornitura non autorizzata di gas dalla Russia. Da novembre è ricoverata in un ospedale di Kiev. Nessuno la può contattare se non i familiari più stretti. Questa intervista è stata realizzata grazie alla figlia Eugenia Tymoshenko, 34 anni, che ha fatto da tramite.
Qual è la sua principale richiesta?
«La mia principale richiesta è la stessa della popolazione: le dimissioni del presidente Yanukovich che controlla il monopolio del potere in Ucraina. Lui e i suoi complici hanno costruito un sistema dittatoriale e hanno cercato di sostenerlo con leggi draconiane per bloccare le proteste della gente e negare le libertà fondamentali. Il risultato è che le persone sono state uccise, torturate e arrestate per le loro idee politiche. Tutto ciò viene condannato nel mondo come violazione dei diritti umani secondo le convenzioni internazionali e i principi di base dell’umanità».
Ma la legge sull’amnistia, per quanto insufficiente, non rappresenta comunque un segnale di apertura di Yanukovich?
«Io penso che sia futile aspettarsi un compromesso come risultato di un negoziato con Yanukovich fino a che non userà tutti i suoi poteri e tutti gli strumenti per rendere possibile un reale cambiamento democratico. Sfortunatamente, i recenti avvenimenti dimostrano, come avevo previsto, che ogni ipotesi di compromesso da lui proposta all’opposizione e al popolo per apparire come animato da buone intenzioni all’estero, è ideata per rafforzare la sua presa autoritaria. Ma il popolo coraggioso in prima linea in Maidan continua a combattere al cospetto della brutalità e del cinismo del regime, chiedendo il cambiamento. Il fronte democratico lo appoggia e lo appoggia la maggioranza dell’Ucraina che chiede di firmare l’Accordo di associazione con l’Unione Europea».
Qual è il suo commento sull’atteggiamento dei Paesi europei?
«Provo un grande senso di frustrazione nei confronti dell’Europa da quando Yanukovich è arrivato al potere 4 anni fa. In questi quattro anni abbiamo sempre chiesto all’Unione Europea e ai Paesi occidentali di non trattare Yanukovich come un politico legittimato, pro- Europa. Adesso i leader europei hanno finalmente capito che non possono condividere con lui i valori democratici».
Quindi l’Europa che dovrebbe fare ora?
«Per la prima volta i Paesi occidentali stanno discutendo di sanzioni. Queste sanzioni dovrebbero colpire il sostegno finanziario del regime dittatoriale e quei politici che sono responsabili della violenza contro gli ucraini. Senza sanzioni sarebbe impossibile iniziare negoziati autentici, perché questo gruppo di potere ha già dimostrato che può ignorare le pressioni politiche diplomatiche straniere».
Nella Ue c’è chi frena sulle sanzioni…
«Le sanzioni sono assolutamente necessarie, ora inizia il conto delle ore perché siano evitate altre perdite di vite umane nella lotta che il regime inizierà per restare in sella».
Non vede la possibilità di una via d’uscita non violenta dalla crisi?
«Penso che, nonostante tutto, abbiamo una reale possibilità di vittoria, che possiamo ottenere in due modi. Il primo è combattere per ottenere elezioni parlamentari anticipate con un sistema elettorale proporzionale, in modo da poter formare una maggioranza democratica e pro-europea. Dopo le elezioni il Parlamento potrebbe muoversi per cambiare la Costituzione, con l’obiettivo di tornare a un sistema parlamentare».
Ma se invece ci fossero adesso le elezioni presidenziali anticipate?
«Questa è la seconda possibilità. Certo, se il presidente decide di ascoltare la voce di milioni di persone che stanno protestando contro il suo regime, allora può usare gli strumenti per indire elezioni presidenziali democratiche. Se pensa di essere abbastanza forte per vincere, dovrebbe candidarsi ancora. Non dovrebbe avere paura di avere altri candidati in corsa, nel quadro di una competizione politica davvero democratica».
Giuseppe Sarcina


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