Il Muro che spezzerà Battir

Loading

Non man­cano i posti di rara bel­lezza in Pale­stina. Uno di que­sti è il vil­lag­gio di Bat­tir, alle porte di Betlemme, cono­sciuto per il suo antico sistema romano di irri­ga­zione, fatto di sor­genti natu­rali, che attra­verso para­toie innaf­fia orti e giar­dini. E’ cono­sciuto anche per le sue abi­ta­zioni sim­bolo del radi­ca­mento del popolo pale­sti­nese nella sua terra. Bat­tir inol­tre è noto per le col­ti­va­zioni a ter­razza e per la sua melan­zana tipica, corta e gustosa, che manda in estasi gli amanti di que­sta prin­ci­pessa della cucina medi­ter­ra­nea, cele­brata dal vil­lag­gio con un festi­val annuale. Altret­tanto sug­ge­stiva è la vicina valle di Beit Jala e Cre­mi­san, rico­perta di limoni e ulivi, cono­sciuta anche per i suoi vigneti dai quali nasce un vino sem­pre più raf­fi­nato. Bat­tir, Beit Jala, Cre­mi­san sono i gio­ielli di que­sta parte di Cisgior­da­nia meri­dio­nale mar­to­riata dalla colo­niz­za­zione. Di fronte, a ricor­dare chi comanda, c’è l’insediamento israe­liano di Gilo. Intorno altre decine di colonie.

Non c’è respiro per un popolo che non ha il con­trollo della sua vita, della sua eco­no­mia, della sua terra. Ieri l’Alta Corte di Giu­sti­zia d’Israele era chia­mata a pren­dere in esame un ricorso con­tro il pas­sag­gio del Muro israe­liano di sepa­ra­zione attra­verso la valle di Cre­mi­san, Bat­tir e le sue ter­razze agri­cole. Il ser­pente di cemento armato e recin­zioni, che si snoda per cen­ti­naia di chi­lo­me­tri in Cisgior­da­nia, pone ogni giorno nuove e più insi­diose pres­sioni a ridosso di Betlemme. Con imme­diate con­se­guenze, ad esem­pio, per la vita degli abi­tanti del campo pro­fu­ghi di Aida, sul quale si stende l’ombra di bloc­chi di cemento alti fino a otto metri. Ieri sera la deci­sione dei mas­simi giu­dici israe­liani non era ancora stata resa nota, forse sarà annun­ciata nei pros­simi giorni.

In tre­pida attesa, senza farsi troppe illu­sioni, resta l’intera comu­nità pale­sti­nese di quella zona: pro­fu­ghi e abi­tanti dei vil­laggi. Non si arrende padre Ibra­him Sho­mali, par­roco di Beit Jala, che negli ultimi due anni, tutti i venerdì, ha offi­ciato sulle terre in peri­colo fun­zioni reli­giose alla pre­senza di pale­sti­nesi e atti­vi­sti inter­na­zio­nali. «Spero che l’intervento della Santa Sede (su Israele) rie­sca a pro­durre i risul­tati spe­rati da tutti i pale­sti­nesi», dice ai gior­na­li­sti. Ma anche il cauto otti­mi­smo di padre Sho­mali comin­cia ad affie­vo­lirsi, di fronte a una realtà inter­na­zio­nale indif­fe­rente verso la colo­niz­za­zione israe­liana dei Ter­ri­tori occu­pati e del Muro. «La bar­riera mette a rischio tutti i pale­sti­nesi di que­sta zona», spiega il sacer­dote, «inte­res­serà di più i cri­stiani per­ché il 99 per cento della terra in que­stione appar­tiene a 58 fami­glie cri­stiane che potreb­bero par­tire per­ché non avranno più di che vivere».

Dopo una raf­fica di peti­zioni pre­sen­tate da resi­denti e atti­vi­sti, l’Alta Corte di Giu­sti­zia con ogni pro­ba­bi­lità appro­verà il per­corso pia­ni­fi­cato dal mini­stero della difesa, tra­sfor­mando e rovi­nando un ter­ri­to­rio che, almeno a parole, chie­dono di pro­teg­gere anche alcuni ambien­ta­li­sti israe­liani. «La costru­zione di que­sta sezione di Muro signi­fi­che­rebbe un nuovo passo avanti nelle poli­ti­che israe­liane di annes­sione di terra e di apar­theid e la distru­zione di un patri­mo­nio natu­rale e cul­tu­rale di cui Une­sco ha rico­no­sciuto il valore con un pre­mio inter­na­zio­nale (Pre­mio Melina Mer­couri, ndr) e che potrebbe essere inse­rito tra i siti del patri­mo­nio mon­diale dell’umanità», dice Nicola Peru­gini, docente di antro­po­lo­gia all’al Quds Bard Honors Col­lege e mem­bro del team Une­sco che ha svi­lup­pato un piano di con­ser­va­zione per Bat­tir. «A que­sto – pro­se­gue Peru­gini — si aggiun­ge­rebbe un’ulteriore ghet­tiz­za­zione di Bat­tir, da decenni oggetto di poli­ti­che colo­niali che hanno pro­gres­si­va­mente tra­sfor­mato il vil­lag­gio in un’enclave».

Bat­tir è una gemma che ha il “torto” di essere situata a cavallo della linea di armi­sti­zio (linea verde) del 1949. Ai piedi del vil­lag­gio corre ancora la fer­ro­via che col­lega Geru­sa­lemme alla costa medi­ter­ra­nea. Nella guerra del 1948–49 non fu mai occu­pato dalle forze israe­liane e assieme ad altre vicine loca­lità pale­sti­nesi si ritrovò nella “terra d nes­suno” tra le posta­zioni israe­liane e quelle dell’esercito gior­dano che aveva preso il con­trollo della Cisgior­da­nia e di Geru­sa­lemme Est. A com­pli­care tutto giunse il suc­ces­sivo via libera del re gior­dano Abdul­lah al pas­sag­gio dei vil­laggi nella “terra di nes­suno” a Israele che, in un solo colpo, si ritrovò a con­trol­lare anche l’intera linea fer­ro­via­ria. Bat­tir ora ricade per 2/3 in Cisgior­da­nia e per 1/3 sul ver­sante con­trol­lato da Israele. «La costru­zione del Muro distrug­gerà parti del sistema idrico che risale a 2500 anni fa, com­presi i canali di pie­tra che con­du­cono al paese», avverte Akram Badr, del con­si­glio comu­nale di Battir.

Il mini­stero della difesa israe­liano esclude riflessi signi­fi­ca­tivi sul sistema di irri­ga­zione, smen­ti­sce che il Muro impe­dirà ai ragazzi di Bat­tir l’accesso alla scuola. «Il per­corso (del Muro) è in una zona dove l’impatto sulle ter­razze (agri­cole) sarà più limi­tato, solo la prima fila di ter­razze sarà par­zial­mente inte­res­sato», è scritto in un comu­ni­cato dif­fuso dalle auto­rità mili­tari che non man­cano l’occasione per riaf­fer­mare che la bar­riera ha (avrebbe) il solo scopo di «pro­teg­gere la sicu­rezza dei cit­ta­dini di Israele». Ras­si­cu­ra­zioni che la gente di Bat­tir non prende sul serio, sa che l’impatto della bar­riera sarà deva­stante. Nel vil­lag­gio l’amarezza è pro­fonda anche per l’incoscienza dell’Autorità nazio­nale pale­sti­nese che, per non tur­bare la media­zione ame­ri­cana al tavolo nego­ziale, lo scorso anno ha pro­messo al Segre­ta­rio di Stato John Kerry che, almeno fino al pros­simo aprile, non farà ricorso alle isti­tu­zioni dell’Onu per recla­mare i diritti pale­sti­nesi. Non è stata per­ciò chie­sta all’Unesco la regi­stra­zione di Bat­tir come “patri­mo­nio dell’umanità”. Quel rico­no­sci­mento avrebbe fer­mato il Muro israe­liano che, invece, andrà avanti.


Related Articles

Il video dei soldati che urinano sui talebani

Loading

È apparso online ieri, il Pentagono lo ha definito «rivoltante» e ha aperto un’inchiesta

Geopolitiche. La Turchia di Erdogan si prende il Corno d’Africa

Loading

Africa. Ankara a rafforza la sua presenza in Somalia, Sudan e altre aree lungo il Mar Rosso. Crescono le tensioni con le monarchie del Golfo, anch’esse presenti con forti interessi in quella regione

«In uno scenario senza guida Mosca si sente sotto assedio Ora sarà muro contro muro»

Loading

«L’Ucraina era la vera linea rossa per Putin. E lui sapeva bene che Stati Uniti ed Europa non avrebbero mai potuto avere la determinazione di Mosca in questo scacchiere»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment