Obama brinda all’anno della svolta “Ma ora l’America diventi più giusta”

by Sergio Segio | 30 Gennaio 2014 10:18

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NEW YORK — «La dura verità — dice Barack Obama — è che nel mezzo di questa ripresa americana troppi lavorano più di prima ma non riescono ad arrivare a fine mese. I privilegiati non sono mai stati così bene. Ma le retribuzioni medie rimangono ferme. L’ineguaglianza peggiora. La mobilità sociale verso l’alto si è fermata. Il nostro compito: rovesciare queste tendenze». Il discorso del presidente sullo Stato dell’Unione è una confutazione del “teorema Electrolux” secondo cui la globalizzazione impone una rincorsa al ribasso verso i concorrenti più poveri, i salari più bassi, le nazioni con meno diritti. Obama rivendica il fatto che la sua America torna ad essere la prima destinazione degli investimenti internazionali, strappando alla Cina questo primato. Esalta il capitalismo illuminato, quello che «il salario minimo lo aumenta autonomamente, senza aspettare il governo». È lo stesso capitalismo della Silicon Valley che si allea con il presidente per portare gratis Internet a banda larga a 20 milioni di studenti. La sua strategia per una ripresa sostenibile passa attraverso l’aumento delle retribuzioni più basse: è la lezione di Franklin Roosevelt nel New Deal, il potere d’acquisto diffuso come antidoto alla depressione.
«Breakthrough year»: l’anno della svolta. Obama annuncia un 2014 di riscossa americana. «Quest’America affronta il XXI secolo in una posizione più forte di qualsiasi altra nazione». Elenca i successi maturati sotto la sua Amministrazione. «La più alta percentuale di neolaureati da tre decenni. Otto milioni di posti lavoro creati in quattro anni, la disoccupazione più bassa da cinque. L’indipendenza energetica sempre più vicina. Il deficit ridotto di metà». È implicito il confronto con l’Europa stagnante, con le potenze emergenti in affanno e afflitte da fughe di capitali.
L’iniezione di ottimismo è necessaria in una fase paradossale in cui l’America torna la locomotiva della crescita globale e tuttavia il presidente è ai minimi nei sondaggi. Dopo averne elencato le forze, ecco i punti deboli degli Stati Uniti. La politica, al primo posto. Un sistema di governo che non è stato all’altezza dei suoi compiti. «Trasformiamo questo 2014 in un anno di azione», esorta Obama. Poi spiega che lui è pronto a farlo da solo, con o senza Congresso.
Il tema che spiega la stessa impopolarità del presidente, è la rottura del Sogno americano. «Ancora prima della Grande Recessione profonde trasformazioni tecnologiche e la globalizzazione avevano eliminato molti posti di lavoro ben remunerati». Il teorema-Electrolux, lui lo conosce bene: ce l’ha in casa. Come gli ha ricordato Steve Rattner che lo aiutò a gestire nel 2009 la crisi dell’automobile, la re-industrializzazione degli Stati Uniti sta avvenendo spesso con salari molto inferiori a quelli di prima della crisi. La stessa rinascita di General Motors e Chrysler ebbe tra i suoi ingredienti iniziali un sindacato che accettava per i neo-assunti retribuzioni quasi dimezzate. Il modello del profondo Sud, che spinge tante multinazionali a reinvestire nel manifatturiero in Alabama o Mississippi, prevede un patto sociale “svalutato”.
Obama denuncia questa ripresa ingiusta: «I profitti delle imprese non sono mai stati così alti. La Borsa ha raddoppiato i suoi indici da quando divenni presidente ». Stigmatizza quelle aziende dove le donne non hanno ancora la parità retributiva «come se fossimo ancora in episodio della serie televisiva Mad Men». Segue un elenco di atti che Obama indica essenziali per consolidare questa ripresa e renderla più equa nella ripartizione dei benefici. Il salario minimo alzato da 7,25 a 10,10 dollari, cominciando dalle aziende che lavorano per l’Amministrazione (questo può deciderlo senza aspettare il Congresso). «Eliminiamo i privilegi fiscali che incentivano le nostre multinazionali a delocalizzare il lavoro all’estero. Usiamo il gettito recuperato da questa elusione, per ricostruire le infrastrutture».
S’impegna a usare il suo potere esecutivo per imporre nuovi e più severi limiti alle emissioni di CO2 da parte delle centrali elettriche. Rilancia l’obiettivo di liberalizzare l’immigrazione, «perché quelli che vengono qui per studiare e lavorare rendono l’America più attraente». Il Sogno Americano da ricostruire, eccolo nelle sue parole: «Io credo che qui in America il nostro successo non deve dipendere da come siamo nati, ma dalla nostra etica del lavoro e dall’ambizione dei nostri sogni. È questo che attirò qui i nostri antenati. È così che la figlia di un operaio oggi è chief executive di General Motors, il figlio di un barista è presidente della Camera, e il figlio di una mamma single è il presidente della più grande nazione del mondo».

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