Fmi: la crisi non è finita, 20 milioni disoccupati nell’Ue

by Sergio Segio | 29 Gennaio 2014 19:05

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La diret­trice del Fondo Mone­ta­rio Inter­na­zio­nale Chri­stine Lagarde, pro­ba­bile can­di­data alla pre­si­denza dell’Unione Euro­pea in quota Merkel-Ppe, è allar­mata. I disoc­cu­pati in Europa sono 20 milioni. «Sono pre­oc­cu­pata — ha aggiunto Lagarde par­lando ieri a Bru­xel­les in occa­sione della pre­sen­ta­zione di una ricerca del Fondo su «Cre­scita e occu­pa­zione: soste­nere la ripresa euro­pea» — che quasi un quarto dei gio­vani euro­pei sotto i 25 anni non rie­scano a tro­vare un lavoro. In Ita­lia e Por­to­gallo oltre un terzo dei gio­vani sotto i 25 anni sono senza lavoro. La crisi è finita fino a quando il suo impatto sul mer­cato del lavoro non sarà stato annul­lato». Lagarde parla dei 19.241 milioni di disoc­cu­pati cen­siti a novem­bre 2013 da Euro­stat nell’area euro con 17 paesi. Se invece si pren­dono in con­si­de­ra­zione i 28 paesi dell’Unione Euro­pea, i disoc­cu­pati diven­tano 26.553 milioni. Rispetto al novem­bre 2012, il tasso di disoc­cu­pa­zione è aumen­tato di 278 mila unità nell’Europa a 28 e di 452 mila nella zona Euro. Sin­tomo che tutte le poli­ti­che di auste­rità, e le riforme del mer­cato del lavoro impo­ste dalla Com­mis­sione Euro­pea (a cui Lagarde aspi­re­rebbe), hanno a dir poco sba­gliato il ber­sa­glio. Rispetto all’anno scorso, la disoc­cu­pa­zione è aumen­tata in 14 Stati mem­bri ed è calata negli altri 14. I paesi messi peg­gio sono Cipro (dal 13.3% al 17.3%), Ita­lia (dal’11.3% al 12.7 %), Gre­cia (dal 26% al 27.4%) e l’Olanda (dal 5.6% al 6.9%). Quanto alla situa­zione degli «under 25» Ger­ma­nia e Austria gui­dano la clas­si­fica con solo il 7.5% e 8.6%. I paesi dove la crisi sta masti­cando i più gio­vani sono: Spa­gna (57.7%), Gre­cia (54.8% nel set­tem­bre 2013), la new entry Croa­zia (49.7%) e l’Italia (con il 41,7%). Un’Europa a due velo­cità, dun­que. I tassi della disoc­cu­pa­zione gio­va­nile sono di solito più alti rispetto a quelli dei lavo­ra­tori adulti. La crisi, e le poli­ti­che dell’austerità hanno con­tri­buito a sepa­rarli nettamente.

Secondo Euro­stat, come della stessa Com­mis­sione Ue, è acca­duto a par­tire dal terzo seme­stre del 2010. Da que­sto momento si è assi­stito all’aumento dei «Neet» e degli «sco­rag­giati», vale a dire della zona gri­gia tra lavoro e non lavoro. Le solu­zioni (elet­to­rali) di Lagarde con­tro la crisi sono: abbat­ti­mento del debito pub­blico («in maniera non bru­tale); un mer­cato del lavoro «basato sul dia­logo» che tuteli il lavo­ra­tore e non il posto di lavoro; l’unione ban­ca­ria per tute­lare gli impren­di­tori. L’Fmi ripete il clas­sico refrain: la «cre­scita sta tor­nando» ed è «ora di fare que­ste cose». Quindi le «riforme».

Niente di nuovo, sem­bra di sen­tire Renzi con il suo «Job­sAct» ormai scom­parso dalla scena pub­blica, in attesa della solu­zione del rebus sulla legge elet­to­rale e poi, chissà, di quello sulle riforme costi­tu­zio­nali. Nes­sun accenno ad allen­tare il fiscal com­pact o il patto di sta­bi­lità. Inol­tre, come si sa, la «cre­scita» ago­gnata non pro­durrà occu­pa­zione In Europa, non ci sarà gen­ti­lezza per nessuno.

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